Banche superprotette in Sicilia: Confindustria tace
Confindustria Sicilia ha bocciato la finanziaria senza attendere il ‘responso’ del commissario dello Stato.
“Balzelli francamente inopportuni e spropositati nella misura”, afferma
Confindustria, mostrando il pollice verso. L’Assemblea avrebbe una sola
cura “come nel passato più o meno recente”, e cioè “l’ascolto degli
umori e delle questue della ‘piazza assistita’, acquietata e soddisfatta
e che ha ringraziato con manifestazioni di giubilo”.
Sicindustria è “ben consapevole che
occorre preservare la coesione e la tenuta sociale. Non si può fare
macelleria sociale, ma i precari devono essere valorizzati e non
utilizzati per mantenere il consenso nella perenne campagna elettorale”.
Dopo le bacchettate una proposta illustrata in viva voce da Antonello Montante,
leader di Confindustria: “Lavorare insieme nelle prossime settimane
seriamente per affrontare i nodi strutturali della Regione e pensare a
costruire il futuro”.
“Siamo disponibili – assicura Montante – a collaborare con il governo e con le commissioni dell’Ars,
insieme con le altre associazioni di categoria e le organizzazioni
sindacali, alla costruzione di una legge per lo sviluppo della Sicilia,
che costituisca lo strumento per dotarsi di un ‘Piano industriale’, con
una road map che ci consenta da qui ai prossimi 5 anni di uscire dal
tunnel”.
Buone ragioni e buone intenzioni, niente da eccepire, non fosse per qualche dettaglio.
Da alcuni anni il governo della Regione può contare su frappresentanti
dell’imprenditoria siciliana. A differenza di altre categorie e settori,
la Confindustria Sicilia sarebbe stata sampre rappresentata, e lo
sarebbe ancora oggi stando alle cronache, seppure informalmente. Si vede che non è servito a niente o che questa rappresentanza è stata , ed è malamente utilizzata.
O, ancora, che non basta avere un assessore nella giunta di governo per
aggiustare le cose, che è l’ipotesi più attendibile. Sia Raffaele
Lomvardo quanto Rosario Crocetta, tuttavia, non hanno trascurato
Confindustria Sicilia e, a quanto pare, Antonello Montante. E prima di
lui, Ivan Lo bello, che addirittura ha presieduto il banco di Sicilia,
seppure nell’ultimo tratto di strada.
C’è dell’altro. Confindustria Sicilia fa la voce grossa con la Regione e le sue istituzioni, sicuramente a buon ragione, ma trascura accuratamente di chiamare al tavolo del “paziente”, cioè le imprese siciliane, un interlocutore essenziale, le banche.
Se la prende con l’autoambulanza, insomma, visto che i soldi non si
trovano più nelle casse della Regione, e quel che ci sono, vengono
contese fino all’ultimo euro, in modo corretto o sbagliato. I soldi si
trovano nelle banche, dove arrivano copiosi dalla Bce senza dovere
faticare né pagarli a prezzo alto. Anzi, da alcuni anni a questa parte,
la Bce ha aperto i cordoni della borsa con una generosità che non ha
precedenti. Di contro, invece, le banche hanno stretto i cordoni della
borsa, negando il credito sia alle imprese quanto alle famiglie. I mutui
sono calati in modo significativo, le aperture di credito alle im,prese
in modo altrettanto significativo, al punto che Unicredit, che ha
ereditato il Banco di Sicilia, invia ai suoi funzionari circolari per
stoppare lo sconto di fatture della Regione siciliana. La tesoreria regionale, insomma, maltratta la Regione. E, di conseguenza, anche le imprese.
Da questo orecchio, tuttavia, i vertici di Confindustria Sicilia sembrano non sentirci.
Il mondo comincia e finisce con la Regione siciliana. Una cultura, o
una scelta, che ha finora penalizzato fortemente l’Isola e reso
impossibile il suo sviluppo.
Le colpe non stanno tutte da una parte,
ovviamente. Gli incentivi, finanziamenti e privilegi, consentiti dalle
risorse pubbliche, hanno drogato il mercato e diseducato l’impresa
siciliana. Vincere facile, avrebbe detto Catalano, è meglio che
competere sul mercato.
Marco Onado sul Sole 24 ore ha
recentemente ricordato che “le banche non hanno mai ottenuto liquidità a
condizioni cosi vantaggiose e in quantità illimitate, ma le imprese, soprattutto quelle piccole e medie non hanno mai avuto credito in misura cosi scarsa e a tassi cosi penalizzanti”.
Questa forbice, tuttavia, non sembra scuotere affatto Confindustria Sicilia,
come se l’isola fosse un’oasi di “benessere” nel campo creditizio,
mentre è esattamente il contrario: la Sicilia è più penalizzata perché
il costo del denaro è più alto e la liquidità dispomnibile più bassa che
altrove.
Il silenzio tombale sulle banche viene rispettata rigorosamente.
Bisogna raschiare il fondo per trovare interventi della politica e dei
rappresentanti delle istituzioni. Eppure non c’è imprenditore che non si
lamenti del trattamento ricevuto dalla banca. E non c’è famiglia che
non ricordi il faticoso e talvolta vano tentativo di accedere ad un
mutuo o a un prestito.
Per rimettere in corsa l’economia
l’apertura al credito, la politica bancaria appare essenziale. Il
deputato regionale Michele Cimino, mosca bianca, si occupa di banche e
lancia una proposta. “Ritengo”, sostiene, “che il Presidente Crocetta
debba attivare con la commissione bilancio un mandato di inchiesta e di
indagine per verificare quanto del raccolto in Sicilia dal sistema
bancario viene investito”.
Inutile confidare nei risultati di una
indagine siffatta, naturalmente, ma avere conoscenza di come stanno le
cose è una buona cosa. Serve a far sapere se è giustificata e fino a che
punto la stretta creditizia e che fine fanno i soldi dei risparmiatori
siciliani. Magari servono a finanziare investimenti nel triangolo industriale. Una beffa.
10 Maggio 2013
Invece l'ex :
1. Lo Bello, Monti metta mano ai conti della Regione
2. Formazione e forestali? Lavoratori di serie “B”. Parola di Ivan Lo Bello e Simona Vicari
3. Fondi fas Lo Bello: Semplicemente vergognoso come 1 miliardo per i forestali
4. Confindustria, con Ivan Lo Bello, a lanciare l'allarme.
5. Lo Bello: Ma a chi conviene davvero stabilizzare i forestali?
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