Articolo 12
Disposizioni in materia di responsabilità risarcitoria per l’abuso nell’utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato
L’articolo 12, a fronte della procedura di infrazione 2014/4231, avviata dalla Commissione UE, apporta modifiche in materia di abuso nell’utilizzo di una successione di contratti o rapporti a tempo determinato nel pubblico impiego, incidendo sulla misura e sui criteri di liquidazione del danno risarcibile, patito dal lavoratore. In particolare, per espressa previsione della norma, la nuova disciplina sostituisce le disposizioni che regolano la responsabilità dei dirigenti che, per dolo o colpa grave, hanno operato in violazione delle condizioni che consentono l’assunzione del personale con contratti di lavoro flessibili all’interno delle p.a.
Il suddetto articolo 12, come sopra accennato, interviene in ottemperanza alla procedura di infrazione 2014/4231, con la quale la Commissione UE contesta all’Italia l’errato recepimento della direttiva 1999/70/CE del Consiglio in materia di utilizzo abusivo della successione di contratti a tempo determinato. In particolare, secondo quanto asserito dalla Commissione, la disciplina nazionale si porrebbe in contrasto con il principio di non discriminazione nei confronti dei lavoratori a tempo determinato, anche con riferimento ai pubblici dipendenti (per maggiore approfondimento v. scheda di lettura art. 11).
Si ricorda che la disciplina dell’utilizzo delle forme di contratto flessibile all’interno delle amministrazioni è contenuta all’articolo 36 del D.lgs. 165/2001. Tali forme contrattuali rappresentano un’eccezione nel pubblico impiego, in quanto è possibile derogare all’assunzione con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato (comma 1), “soltanto per comprovate esigenze di carattere esclusivamente temporaneo o eccezionale e nel rispetto delle condizioni e modalità di reclutamento stabilite dall'articolo 35” (comma 2).
Per quanto concerne il contratto a tempo determinato, il comma 2 dell’articolo 36, rinvia alla disciplina dettata in via generale dall’art. 19 e ss. del D.lgs. 81/2015, il quale si applica al pubblico impiego nella sua versione originaria, ossia senza le modifiche introdotte dal D.L. 87/2018 (v. art. 19, comma 5-bis d.lgs. 81/2015). Pertanto, la durata massima del contratto a termine nelle amministrazioni pubbliche rimane di 36 mesi e non si fa luogo all’applicazione delle causali introdotte con il cd. Decreto dignità (D.L. 87/2018).
Ciò premesso, l’articolo 12, incide sul comma 5 dell’art. 36 D.Lgs. 165/2001, che regola le conseguenze derivanti dalla violazione delle norme imperative in materia di assunzione dei dipendenti pubblici e di utilizzo di forme flessibili di lavoro.
Nello specifico, il predetto comma esclude espressamente la conversione in contratti di lavoro a tempo indeterminato dei rapporti di lavoro flessibili illegittimi, ferma restando ogni responsabilità e sanzione.
Con riferimento alla mancata conversione nel pubblico impiego in rapporti a tempo indeterminato dei contratti a termine illegittimi si è espressa anche la Corte di Giustizia. In particolare, quest’ultima ha ritenuto compatibile con la clausola n. 5 (in tema di prevenzione degli abusi relativi ai contratti a tempo determinato) dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato contenuto nella direttiva 1999/70/CE la disciplina dell’articolo 36, comma 5, d.lgs. 165/2001, in quanto la disciplina europea non è autoapplicativa e la predetta clausola non stabilisce un obbligo generale degli Stati membri di prevedere la trasformazione in contratti a tempo indeterminato dei contratti di lavoro a temine illegittimi, lasciando agli Stati membri un certo margine di discrezionalità in materia (cfr. CGUE ordinanza 12 dicembre 2013, Papalia, C-50/13, la quale richiama altre pronunce tra cui sentenze del 4 luglio 2006, Adeneler e a., C-212/04; del 7 settembre 2006, M. e S., C-53/04; Vassallo, C-180/04, e del 23 aprile 2009, Angelidaki e a., C-378/07).
La Corte di giustizia, inoltre, afferma in maniera inequivoca che la clausola 5 dell'accordo quadro non osta ad un trattamento differenziato tra i lavoratori del settore privato e quelli del settore pubblico in materia di tutela rispetto al ricorso abusivo a contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato stipulati in successione da parte del datore di lavoro (v. CGUE sentenza 7 settembre 2006, M. e S., C-53/04).
Peraltro, la compatibilità del regime differenziato impiego privato/impiego pubblico è stata sancita anche con riferimento al canone costituzionale del principio di eguaglianza del nostro ordinamento interno (v. Corte Cost. n. 89/2003).
Tutti i principi appena esposti sono ribaditi espressamente anche dalle Sezioni Unite della Cassazione (v. S.U. Civ. Sent. n 5072 del 15 marzo 2016).
Inoltre, lo stesso comma 5 consente al lavoratore interessato di ottenere il risarcimento del danno subito a causa della violazione delle norme imperative che permettono l’utilizzo di contratti di lavoro flessibili all’interno delle p.a.
All’interno di tale contesto, l’articolo 12, esaminato in questa sede, regola la risarcibilità del danno subito dal lavoratore derivante dall’utilizzo abusivo da parte della p.a. di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato in maniera illegittima.
La norma prevede che, salva la possibilità per il lavoratore di provare un maggior danno patito, il dipendente ha diritto a ottenere un’indennità compresa tra un minimo di quattro e un massimo di ventiquattro mensilità calcolate sull’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto.
L’importo che deve essere corrisposto deve tener conto della gravità della violazione anche in relazione al numero di contratti a termine sottoscritti dalle parti e alla durata globale del rapporto di lavoro.
Si fa presente che le disposizioni introdotte dall’articolo 12 sostituiscono il terzo, il quarto ed il quinto periodo del comma 5 dell’art. 36 D.Lgs. 165/2001. Si rammenta che queste ultime disposizioni stabiliscono, rispettivamente, l’obbligo per le p.a. di ripetere nei confronti dei dirigenti responsabili, che hanno agito con dolo o colpa grave, le somme corrisposte ai lavoratori a titolo di risarcimento per l’utilizzo illegittimo di forme flessibili di lavoro. Tali violazioni costituiscono fonte di responsabilità dirigenziale ex art. 21 D.Lgs. 165/2001 e concorrono a formare oggetto di valutazione del dirigente.
A tal riguardo la relazione illustrativa di accompagnamento all’A.C. 2038 chiarisce che l’eliminazione dei predetti periodi del comma 5 è dovuta al fatto che, per quanto concerne le assunzioni, sia a tempo indeterminato che determinato, le scelte sono compiute dagli organi di vertice politico delle amministrazioni e riversate nell'atto di programmazione (PIAO), comportando la necessità per il dirigente di adeguarsi ad esse, salvo che queste siano manifestamente illegittime. Ne deriva, pertanto, che i dirigenti non possiedono l’autonomia necessaria per stipulare contratti di lavoro se non nei limiti (e anche nelle responsabilità) di quanto previsto dagli atti di programmazione.
Inoltre, se il dirigente dovesse agire in difformità rispetto alle indicazioni e alle direttive poste dall’organo politico incorrerebbe, comunque, nella responsabilità dirigenziale di cui all’art. 21 D.lgs. 165/2001.
Infine, si ricorda la previsione contenuta al comma 5-quater il quale dispone, in caso di contratti di lavoro posti in essere in violazione dell’art. 36, le seguenti sanzioni:
- la nullità di tali contratti;
- la responsabilità erariale;
- la responsabilità dirigenziale ex art. 21 D.Lgs. 165/2001;
- la mancata corresponsione della retribuzione di risultato in favore del dirigente responsabile.
Testo integrale:
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Io vorrei capire i soldi per mandare a fare la guerra ci sono tanti miliardi per uccidere tante persone innocenti e bambini.noi forestali il governo statale è regionale non ci danno garanzie per lavorare!!!! denaro tony
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