di Luigi Patronaggio 28 Luglio 2023
La drammatica storia di questi giorni di fuoco in Sicilia ci obbliga a un’analisi attenta e severa di ciò che è stato fatto e di ciò che si può fare, dando doverosamente atto dell’immenso e talvolta eroico sforzo personale dei tanti operatori — vigili del fuoco, forestali, Protezione civile, forze di polizie — impegnati in questi giorni sul campo fino all’estremo delle loro forze. Preliminarmente va rilevato come la Sicilia, insieme alla Calabria e alla Sardegna, è ormai costantemente e tristemente in testa nella classifica degli incendi agricoli, boschivi e delle aree protette d’Italia. Particolarmente allarmante è poi il dato che ormai gli incendi non si verificano più solo in aree agricole o boschive ma si estendono pericolosamente fino a entrare nei centri abitati, invadendo importanti arterie stradali e ferroviarie, minacciando aree aeroportuali.
Le cause degli incendi sono molteplici e spesso di difficile individuazione: esse sono dovute tanto a condotte colpose quanto a condotte dolose, purtroppo oggi aggravate dall’aumento delle temperature, dalla siccità e da avvenimenti meteorologici estremi. Senza avere la presunzione di essere completi, esse vanno individuate:
— nella trascuratezza dell’attività di prevenzione da parte dei privati e dei Comuni. Le attività antincendio boschivo, infatti, partono spesso in ritardo rispetto al periodo fissato per decreto, di solito da giugno a settembre, quando il surriscaldamento del pianeta ci dovrebbe indurre ad anticiparle di almeno due mesi.
— nelle errate pratiche agro-pastorali, prima fra tutte quella del debbio.
— in comportamenti colposi da parte di agricoltori, pastori, cacciatori o semplici cittadini in scampagnata quali: accensioni di fuochi incontrollati.
Ma anche in veri e propri comportamenti dolosi di chi ha un interesse a disboscare una zona per insediamenti urbani; per vendette private; per azioni dimostrative; per forzare il numero di ore di lavoro degli “stagionali”; nella figura, tutt’altro che rara, del piromane che incendia per il piacere di incendiare e vedere il fuoco divampare. Senza tralasciare infine i complessi e oscuri interessi delle ecomafie.
Mi sia permesso allora cercare di indicare dei possibili rimedi con uno sguardo particolarmente attento al versante della repressione giudiziaria, oltre che della prevenzione. Il primo passo per una seria politica di contenimento degli incendi deve passare anzitutto da una programmazione nello sviluppo del territorio; una pianificazione degli interventi preventivi e repressivi; una seria attività di prevenzione: bonifica dei terreni privati e pubblici, incremento e manutenzione delle strade tagliafuoco, pulizia di strade urbane ed extraurbane, eliminazione di concentrazione di immondizie nelle periferie dei centri abitati.
Per poter prevenire occorre necessariamente avere il controllo del territorio. Quindi occorrerà:
— Conoscere il territorio e mapparlo con cura facendo memoria degli incendi precedenti (gli incendi spesso si verificano sempre drammaticamente nelle stesse zone senza che si riesca mai a prevenirli).
— Gestire diversamente il territorio, rivitalizzando le comunità rurali, diffondendo una cultura dell’utilizzo ecologicamente sostenibile delle risorse agro-silvio-pastorali.
— Coinvolgere nella prevenzione e nel servizio di osservazione le associazioni di volontariato.
— Attingere a nuove professionalità e a nuove tecnologie quali uso di droni e satelliti, uso di cannocchiali agli infrarossi, “foto-trappole” per piromani.
— Coinvolgere i carabinieri forestali nelle regioni come la Sicilia che hanno un autonomo Corpo regionale forestale.
— Razionalizzare l’utilizzo dei mezzi aerei antincendio (spesso fonte opaca di spreco di risorse pubbliche, rilevando che manca una rete pubblica di aerei antincendio).
— Aggiornare i catasti degli incendi, estendendo in caso di incendio anche alle aree agricole i vincoli di inedificabilità, di divieto di pascolo e caccia.
Ma occorre anche, ed è questo il segmento del mio specifico intervento, potenziare e modificare l’approccio investigativo per l’individuazione dei responsabili degli incendi. Se è vero, come è vero, che in Italia nel 2022, a fronte di 5.385 incendi denunciati, sono stati segnalati 658 indagati e arrestate solo 39 persone.
Sarebbe opportuno inserire nei progetti organizzativi delle procure l’incendio boschivo fra i “reati a trattazione prioritaria” e la creazione di “gruppi di lavoro specializzati” all’interno delle procure. Troppo spesso, infatti, i reati di incendio boschivo sono iscritti a carico di ignoti e archiviati allo scadere delle indagini preliminari senza potervi dedicare quelle energie investigative che la gravità dei fatti e il danno ambientale richiedono. Un’indicazione di “priorità” da parte del procuratore capo nel progetto organizzativo dell’ufficio potrebbe evitare viceversa una trattazione “ordinaria” del caso, come purtroppo spesso avviene a fronte delle migliaia di notizie di reato che affluiscono in procura.
In tali gruppi di lavoro andrebbero adibiti stabilmente personale del Corpo regionale forestale, dei carabinieri forestali, dei vigili del fuoco e della Protezione civile regionale. Tali gruppi di lavoro dovrebbero avere a disposizione mappe aggiornate degli incendi, essere a conoscenza delle peculiarità del territorio e dei soggetti maggiormente “sospettabili” per professione o per precedenti penali e giudiziari.
Tali gruppi di lavoro dovrebbero inoltre avere la capacità di recarsi sui luoghi per accertare nell’immediatezza dei fatti tracce utili alle indagini: punti di innesco, studio del vento e dell’andamento del fuoco, presenze sospette, lasciando ad altri operatori il contenimento dell’incendio. Infatti, com’è logico, allo scoppiare di un incendio tutte le forze sono concentrate nel mettere in sicurezza i luoghi, mentre il momento investigativo viene ovviamente rimandato, a volte di settimane o mesi, quando purtroppo le tracce del reato si sono spesso disperse.
Il ricorso immediato alla visione delle telecamere di sicurezza (o alle “foto-trappole” se già installate) e, nei casi di incendio boschivo doloso, anche alle intercettazioni di comunicazioni e a mirate perquisizioni nei confronti dei soggetti sospettati, potrebbe far fare il salto di qualità per la repressione di questa tipologia di reati.
L’istituzione di specializzati gruppi di lavoro interforze, sotto il coordinamento delle procure, con la capacità di recarsi immediatamente sui luoghi, effettuare rapide analisi e raccogliere dati di primaria importanza per il prosieguo delle indagini, permetterebbe quindi una maggiore capacità repressiva dello Stato e la possibilità di fornire finalmente all’attonito cittadino una risposta giudiziaria adeguata e certa.
L’autore è procuratore generale di Cagliari
Fonte: palermo.repubblica.it
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