13 dicembre 2020

DOPO QUANTI CONTRATTI A TERMINE SCATTA L’INDETERMINATO?


Dal sito www.laleggepertutti.it

11 Dicembre 2020

La legge prevede dei limiti alla possibilità del 
datore di lavoro di assumere il personale con contratti a termine.

La legge prevede dei limiti alla possibilità del datore di lavoro di assumere il personale con contratti a termine.

Sei stato assunto con un contratto di lavoro a termine. Il datore di lavoro ha sempre rifiutato di assumerti in modo definitivo e ti ha rinnovato diverse volte il contratto a tempo determinato. Ti chiedi se hai diritto ad essere assunto a tempo indeterminato.

Nel nostro ordinamento, il datore di lavoro deve utilizzare, in linea generale, il contratto di lavoro a tempo indeterminato per assumere i propri dipendenti. I contratti di lavoro atipici, infatti, rendono la vita del lavoratore maggiormente precaria e possono essere, quindi, utilizzati solo entro certi limiti previsti dalla legge. Le norme vietano, ad esempio, un’eccessiva reiterazione dei contratti a termine.

Ma dopo quanti contratti a termine scatta l’indeterminato? La risposta a questa domanda si trova direttamente nelle norme di legge che prevedono un limite di durata massima dei rapporti a termine tra lo stesso lavoratore e lo stesso datore di lavoro.

Indice

1 Contratto a tempo determinato: cos’è? 
2 Contratto a termine: limiti e divieti 
3 Dopo quanti contratti a termine scatta l’indeterminato?


Contratto a tempo determinato: cos’è?

L’assunzione del lavoratore con una tipologia di contratto di lavoro piuttosto che un’altra può produrre rilevanti conseguenze sulla vita del dipendente e della sua famiglia. Non c’è dubbio, infatti, che il contratto a tempo indeterminato, non avendo una durata limitata e prestabilita, offre al lavoratore maggiore serenità e possibilità di programmare la propria vita personale e familiare. Proprio per questo, la legge [1] prevede che il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato è la forma comune di rapporto di lavoro.

In ogni caso, la stessa normativa sui contratti di lavoro consente, nel rispetto di determinati limiti, di assumere i dipendenti anche con tipologie contrattuali alternative, tra cui il contratto di lavoro a tempo determinato.

Si tratta di un ordinario contratto di lavoro subordinato nel quale, a differenza del contratto a tempo indeterminato, le parti prevedono sin dall’inizio la data di scadenza finale (il cosiddetto termine). Una volta raggiunta la data finale, il contratto cessa in modo automatico, senza bisogno di disdetta.


Contratto a termine: limiti e divieti

In alcuni casi [2], il contratto a termine è vietato dalla legge. Ciò accade nelle seguenti ipotesi:

  • contratto a termine per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;
  • contratto a termine stipulato presso unità produttive nelle quali si è proceduto, entro i sei mesi precedenti, a licenziamenti collettivi;
  • contratto a termine stipulato presso unità produttive nelle quali è in corso la cassa integrazione guadagni;
  • contratto a termine stipulato da datori di lavoro che non hanno effettuato la valutazione dei rischi in applicazione della normativa di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori.
Oltre ai casi di divieto, ci sono comunque dei limiti numerici da rispettare con riferimento ai contratti a termine. In particolare, salvo diversa previsione dei contratti collettivi, non possono essere assunti lavoratori a tempo determinato in misura superiore al 20% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell’anno di assunzione. I datori di lavoro che occupano fino a cinque dipendenti possono sempre stipulare un contratto di lavoro a tempo determinato.


Dopo quanti contratti a termine scatta l’indeterminato?

In alcuni casi, le aziende reiterano nel tempo i contratti a termine con lo stesso lavoratore, utilizzandolo di fatto ininterrottamente per anni, senza mai assumerlo in modo definitivo. Questo modus operandi rende particolarmente precaria la vita del lavoratore.

Per questo, la legge tenta di apporre un freno a tale consuetudine attraverso due limiti:

  • durata massima dei contratti a termine: la durata dei rapporti di lavoro a tempo determinato intercorsi tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore, per effetto di una successione di contratti, aventi ad oggetto le stesse mansioni, lo stesso livello e la stessa categoria legale non può superare i ventiquattro mesi complessivi. Se il limite dei ventiquattro mesi viene superato, per effetto di un unico contratto o di una successione di contratti, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data di tale superamento;
  • numero massimo di proroghe: il contratto a termine può essere prorogato per un massimo di quattro volte nell’arco di ventiquattro mesi a prescindere dal numero dei contratti. Se il numero delle proroghe è superiore, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data di decorrenza della quinta proroga.
Non esiste, dunque, un numero massimo di rinnovi del contratto a termine. L’importante è che i rapporti a tempo determinato, sommati tra loro, non abbiano una durata superiore a 24 mesi. Esiste, invece, un numero massimo di proroghe pari a 4. In entrambi i casi, se non si rispettano i limiti, il lavoratore ha diritto ad essere stabilizzato.

note

[1] Art. 1, D.lgs. 81/2015.

[2] Art. 20, D.lgs. 81/2015.







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