di Eleonora Fichera
Istat: promesse di favori in cambio del voto per 1 siciliano su 10. Malaffare in corsia: incidenza al 16,1%. Predilige cibarsi di Pubblica amministrazione, Politica e Sanità
Voto in cambio di favori per 1 siciliano su 10
Sicilia terra fertile per mafia e corruzione. Un vecchio luogo comune ormai superato? A giudicare dai numeri relativi ai due fenomeni, sembrerebbe proprio di no. Secondo l’ultimo report Istat “La corruzione in Italia. Il punto di vista delle famiglie”, infatti, un siciliano su dieci ha ricevuto almeno una volta nella vita una richiesta di voto in cambio di favori personali, regali o denaro (9% la percentuale nell’Isola contro il 3,7% del dato nazionale).
Le cifre più alte, e c’era da aspettarselo, sono quelle legate alle elezioni amministrative: l’8,9% degli intervistati ha dichiarato di aver avuto a che fare con il voto di scambio (3,4% il dato italiano).
Ma non solo. Il 16,4% ha ammesso di conoscere altre persone a cui è stato proposto il vecchio, ma a quanto pare sempre di moda, scambio voto-favore personale.
Più basse, ma sempre sopra la media nazionale, le percentuali relative alle elezioni politiche/europee: 2,8% il dato siciliano, contro l’1% nazionale.
Corruzione in corsia, in Sicilia incidenza al 16,1%
Non sono più confortanti i dai relativi alla sanità. L’ultimo, preoccupante quadro è stato offerto dall’assessore al ramo, Ruggero Razza e dal rettore dell’Università di Catania, Francesco Basile, che insieme hanno partecipato a un incontro sul tema. Per il rettore, quella della corruzione è una problematica “che attanaglia la Sicilia più di altre Regioni italiane con un tasso di incidenza del 16,1%, a fronte di una media nazionale dell’11%”. Cifre ancor più preoccupanti arrivano dall’Istat: più di mezzo milione di famiglie italiane ha ricevuto almeno una volta nella vita richieste di denaro o altri favori in cambio di ricoveri, interventi chirurgici o visite mediche. In Sicilia, il fenomeno ha coinvolto il 3,1% in ambito pubblico. La richiesta di tangenti o altri favori in cambio di benefici assistenziali è decisamente superiore in Sicilia (5,2%) rispetto al dato medio nazionale (2,7%). Così, servizi che dovrebbero essere pubblici e accessibili a tutti i cittadini in egual modo, finiscono per essere “privilegio” di chi è disposto a tendere una mano ai corrotti. L’8,4% dei siciliani intervistati ha dichiarato di conoscere qualcuno a cui è stato richiesto denaro, favori regali in cambio di servizi sanitari (il dato nazionale è del 5,9%,). Le uniche tre regioni a far peggio dell’Isola sono Puglia (11,9%), Lazio (10,8%) e Campania (9,2%).
2017: condannati 105 dipendenti pubblici
Nel 2017 la Corte dei Conti in Sicilia ha depositato 105 sentenze di condanne contabili per corruzione nei confronti di dipendenti pubblici, amministrativi e soggetti legati alla Pa da un rapporto di servizio. Il tutto per un totale di circa 14 milioni di risarcimento (+50% rispetto all’anno precedente) così ripartiti: 10 milioni in favore di Regione ed Enti locali, 3,4 in favore di Amministrazioni dello Stato e 0,9 milioni in favore di Aziende sanitarie.
Non più confortanti di dati presentati nei mesi scorsi dal presidente della Corte d’Appello di Palermo, Matteo Frasca, sugli illeciti registrati tra luglio 2016 e giugno 2017: 9.284 (+7,8% rispetto all’anno precedente) i reati complessivi contro la Pa nei quattro distretti in esame (3.404 a Palermo, 2.997 a Catania, 584 a Caltanissetta e 2.299 a Messina).
A rincarare la dose, Anac e Istat. Secondo l’ultimo rapporto annuale dell’Autorità nazionale anticorruzione, sugli 845 procedimenti di vigilanza su segnalazione messi in atto, il 10,8% ha riguardato la Sicilia. A livello nazionale, un’incidenza più alta è stata registrata solo nel Lazio (18%) e in Campania (13,8%). L’Istat, invece, nel già citato report, ha certificato che il 2,3% delle famiglie siciliane ha ricevuto richieste di denaro o altri favori in cambio di prestazioni legate agli uffici pubblici. Il 4,2% invece, ha dichiarato di conoscere qualcuno che ha ricevuto simili richieste (3,2% il dato nazionale).
Regione, lotta al malaffare. Si riparte da Musumeci
Come si comporta la Regione Sicilia davanti a una diffusione del malaffare così dilagante? Per anni, nell’ultima legislatura, è rimasta praticamente immobile. Tra Piani anticorruzione considerati strumenti di terz’ordine ed esperti mai nominati, l’ex Governo Crocetta è stato tra i più criticati per la mancata lotta alla corruzione. Mancanze che sono valse all’ex presidente duri rimproveri da parte della Corte dei Conti. “La valutazione delle Sezioni riunite sul sistema dei controlli interni alla Regione Sicilia nel 2016 – si legge nell’ultima relazione pubblicata nell’era Crocetta – rimane sostanzialmente negativa (…) i controlli (...) sulla prevenzione della corruzione, si sono rivelati lacunosi (…) si basano su riscontri cartolari, essendo molto sporadiche le verifiche in loco”. Per anni, a quanto pare, la lotta alla corruzione per Crocetta si è tradotta in uno sterile accumulo di documenti, report e relazioni cartacee utili solo ad affollare le scrivanie degli uffici pubblici.
Cosa è cambiato con l’entrata in scena della squadra Musumeci? Qualcosa sembra muoversi. Per cominciare, infatti, la Regione ha recentemente approvato il nuovo Piano triennale per la Prevenzione della Corruzione e ha nominato il responsabile del ramo, Emanuela Giuliano.
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DA SAGUTO A MONTANTE: L’ASCESA E LA CADUTA DEI “PALADINI DELLA LEGALITA’”
Antonello Montante
La storia della Sicilia è piena di ex paladini della legalità rivelatisi poi collusi con le peggiori attività criminali. L’ultimo, eclatante caso ha scosso la nostra Isola appena qualche giorno fa. A finire in manette, Antonello Montante, ex presidente Confindustria Sicilia, protagonista della svolta antiracket dell’Organizzazione (celebre lo slogan: “Fuori chi paga il pizzo”), per anni considerato paladino dell’Antimafia. E proprio lui, che appena qualche tempo fa urlava a gran voce la necessità di “un’ora di legalità obbligatoria nelle scuole”, è stato arrestato per associazione a delinquere finalizzata alla concussione. Gli inquirenti lo accusano di aver dato vita, negli anni, a un vero e proprio sistema di spionaggio illecito attuato, spiega la Procura nissena, “grazie ad una ramificata rete di relazioni e complicità intessuta con vari personaggi inseriti ai vertici dei vari settori delle istituzioni”. E ancora, secondo gli inquirenti, Montante “al fine di preservare l’immagine faticosamente costruita di ‘uomo della legalità’, giocando in sostanza d’anticipo, avrebbe ispirato la sua azione ad una continua, spregiudicata attività di dossieraggio, raccogliendo abusivamente informazioni riservate”. Il tutto, secondo gli inquirenti, in cambio di favori come assunzioni di familiari. Certamente, la giustizia deve ancora fare il proprio corso, ma se le ipotesi delle Forze dell’Ordine dovessero rivelarsi corrette, l’ex cavaliere della legalità avrebbe agito come il peggiore dei criminali.
Silvana Saguto
Un sistema corrotto di favori, scambi, regali illeciti, costituito da un circolo di fedelissimi, adesso tutti indagati, accusati a vario titolo di corruzione, concussione, peculato, truffa aggravata e riciclaggio. Ma non solo, incarichi affidati illegalmente, al solo scopo di favorire parenti e amici. È il sistema che, secondo gli inquirenti, avrebbe messo in piedi negli anni Silvana Saguto, ex presidente della Sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo, incarico che alla luce dei fatti appare come una vera e propria beffa. Al centro dell’inchiesta, la gestione spregiudicata e corrotta dei beni confiscati alla mafia. Un’isola, la nostra, ancora una volta tradita proprio da chi doveva proteggerla dal malaffare e che su questo doveva vigilare. Un doppio inganno quando in ballo ci sono proprio quei beni confiscati alla criminalità organizzata la cui corretta gestione è un primo, fondamentale passo verso la legalità. Ma quis custodiet ipsos custodes? Chi controlla i controllori? Ogni tanto, per fortuna, arrivano gli inquirenti. Anche nel caso Saguto, la Giustizia deve ancora fare il proprio corso (anche se il processo è già partito), intanto, però, il Csm ha rimosso l’ex giudice dalla Magistratura. Di certo, alcune dichiarazioni della stessa Saguto che lasciano quantomeno perplessi. “La legge – si giustifica – dice che gli amministratori giudiziari devono essere persone di fiducia, chi meglio dei parenti di un magistrato”.
Roberto Helg
Predicava la lotta alla corruzione cavalcando l’ormai celebre slogan “Addio pizzo”. Tre anni fa è stato arrestato in flagranza di reato mentre intascava una mazzetta da un imprenditore. In ballo il rinnovo di una concessione relativa a un’attività commerciale all’interno dell’Aeroporto Punta Raisi di Palermo. Così, l’ex presidente della Camera di Commercio del capoluogo e vicepresidente Gesap, Roberto Helg è passato in un attimo da paladino della giustizia ad estorsore. Reato per il quale la Corte d’Appello lo ha condannato a tre anni e otto mesi di reclusione.
25 Maggio 2018 - © RIPRODUZIONE RISERVATA
Fonte: www.qds.it
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