06 agosto 2017

LA CATASTROFE DEL BOSCO


05 Agosto 2017
Al secondo giorno dell’apocalisse la Città si è svegliata sotto un sole pallido e avvolta nel fumo. La cenere è arrivata dappertutto, insieme all’angoscia che afferra alla gola.

Tra i denti solo una parola: bastardi!
Ma chi è il destinatario di questo giudizio senza appello? Certo, gli incendiari! Criminali, incoscienti, rozzi, ignoranti, esseri inutili e dannosi, stupidi reietti della società. Certo l’insulto va innanzitutto a loro che, accendendo un fuoco chissà per quali ripicche, hanno finito di distruggere una terra, una comunità. Hanno tolto persino l’ultima speranza ai loro figli, hanno trasformato un paradiso in un inferno. Lo hanno fatto da vigliacchi, da uomini senza pensiero e senza cultura, da perfetti incoscienti, rozzi e criminali.
Ma è destinatario di questo giudizio, sommario e impulsivo, anche chi ha abbandonato le riserve naturali in Sicilia, chi ha condotto le politiche agricole e forestali in questi ultimi drammatici dieci anni del disastro dell’isola. Gli ultimi tre governatori che si sono succeduti, gli assessori regionali all’agricoltura, i dirigenti e i funzionari del comparto forestale e anche il presidio di legalità che per troppi anni ha subito questa inafferrabile violenza senza adottare forme ferme di contrasto alla deriva degli incendiari che la fanno franca.
Ma andiamo per ordine: Invece di una robusta politica di prevenzione degli incendi e di valorizzazione delle risorse forestali, la Regione Siciliana ha preferito in questi anni vendere i boschi per gli impianti di produzione di energia elettrica; l’esecuzione dei lavori è stata un disastro, la rendita pubblica miserevole, la speculazione privata, impressionante.

Il disboscamento per le biomasse

Le aree di riserva sono state lasciate per anni al loro destino senza alcuna opera di prevenzione interna: le fasce tagliafuoco esistenti non sono state diserbate e pulite, non si sono fatti bacini di accumulo dell’acqua, il sottobosco e gli alberi caduti non sono stati puliti. I forestali hanno avuto le loro giornate di lavoro con grande ritardo, spesso in pieno inverno, quando non si poteva lavorare. I loro stipendi sono stati pagati in ritardo, la programmazione dei lavori necessari non ha risposto ad alcuna pianificazione. Il Servizio Antincendi Boschivo è stato poco alla volta ridimensionato. Il sistema efficiente delle altane di controllo, poco alla volta è stato abbandonato senza che alcun altro sistema di prevenzione,  magari tecnologicamente più avanzato sia stato implementato.
Rosario Crocetta ha fatto di peggio: dopo aver preso i voti dei forestali, è andato in televisione a parlare malissimo di loro. Ha parlato di rivoluzione! Generando un ludibrio dell’intero paese, ha affermato che era assurdo che in Sicilia ci fossero più operai forestali che in tutte le altre regioni del nord messe assieme. Ha detto che questo scandalo doveva finire. Ha agito di conseguenza generando povertà, odio e dolore.
Ha sbattuto fuori dalle fasce quegli operai che avevano scontato condanne penali superiori a cinque anni, lasciando qualche migliaio di famiglie senza il necessario per vivere. Ha ridotto al minimo il Sab, sistema di prevenzione degli incendi. Ha fatto ruotare vorticosamente i dirigenti provinciali perdendo conoscenza degli uomini, esperienza del territorio senza nessuna reale ragione di opportunità.
Nel frattempo nessun intervento di programmazione economica si è preoccupato dei boschi siciliani e della loro sicurezza. La programmazione della spesa comunitaria ha visto i boschi  nelle ultime posizioni per spesa destinata e per obbiettivi da conseguire.
Ecco il disastro annunciato. E due anni addietro i primi incendi programmati dovevano servire a far comprendere gli errori fatti. Ma niente, si è andati avanti senza alcun contrasto agli incendi e agli incendiari per arrivare all’odierna Caporetto della Sicilia.
Se gli incendi partono da cinque sei punti contemporaneamente, se prendono fuoco nel medesimo istante boschi lontani qualche chilometro, spesso in province diverse, le riflessioni da fare sono parecchie:

  • Non si tratta di un solitario piromane ma di gruppi di persone coordinate. E questo riguarda anche le province e le regioni diverse. Questa estate bruciavano contemporaneamente, Sicilia, Sardegna, Lazio, Lombardia ecc. Il disegno criminale è vasto e va studiato, capito e contrastato.
  • Il tentativo criminale era stato forse di far comprendere alla politica come non ci sia attivo un sistema di prevenzione efficiente. E’ probabile che l’obiettivo di questo segnale voglia produrre il risultato che i governi affidino a società private, dotate di rilevanti capitali e di mezzi, il servizio di prevenzione e spegnimento degli incendi, esternalizzandolo in toto.
  • Gli incendi sono appiccati con strategie che servono a mettere sotto stress il sistema di spegnimento: vengono appiccati fuochi in più punti in modo che il vento li ricongiunga e li renda estesi e incontrollabili. Gli incendi partono in contemporanea, in più porzioni del territorio, in modo da rendere insufficienti le squadre di Sab e Vigili del fuoco.
  • In questi anni sono state abbandonate tutte le risorse pubbliche per lo spegnimento degli incendi: altane di sorveglianza, elicotteri, Sab, Canadair. La regione non ha più nulla di proprio e le attrezzature di contrasto appartengono solo a società private che realizzano utili consistenti quando scoppiano grandi incendi, per cui l’arrivo dei Canadair è considerato da tutti, soprattutto dall’opinione pubblica, come una assoluta necessità quale che sia il loro costo.
  • L’azione di contrasto da parte degli inquirenti è condotta con metodi rudimentali. Le forze di Polizia e i Carabinieri, pensano ancora di poter prendere i piromani con le mani nel sacco. In realtà quando arriva la notizia di un nuovo incendio, il criminale che ha acceso il fuoco, sta seduto al bar a bere una birra e a godersi lo spettacolo delle sirene spiegate. Indagini più approfondite, a partire da intercettazioni telefoniche e ambientali, rilevamenti fotografici degli autoveicoli, darebbero esiti assai diversi.
Ma andiamo all’amara realtà odierna. La cronaca è stata convulsa, abbiamo pianto mentre la bellissima pineta di Santa Caterina sembrava l’Etna in piena eruzione, mentre il fumo acre avvolgeva le nostre case e ondate di calore lambivano le piazze della città dove la vita delle notti estive dei ragazzi, continuava con la sola variante che sui loro smartphone passavano le fotografie del disastro.


Tra Piazza Armerina e Aidone

Mentre morivano a migliaia gli animali selvatici, i pini, gli abeti i castagni, gli eucaliptus generavano incredibili fiaccole che levavano al cielo lingue di fuoco di dieci, quindici metri; la città era avvolta da un’aura tetra.
Ciascuno di noi sa, in cuor suo,  che adesso Piazza Armerina non sarà più la stessa, il baratro del baratro!


Maurizio Prestifilippo

Servizio fotografico di Marco Scozzarella e Davide Arena







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