26 settembre 2013

CATANIA. IL SEGRETARIO PROVINCIALE UILA NINO MARTINO: UTILIZZARE I FORESTALI PER VARIE MANZIONI


LA UILA AD ADRANO

"Il lavoro nero toglie dignità
alle imprese e alla società"

"A Catania - afferma a LiveSiciliaCatania il segretario nazionale Stefano Mantegazza - la superficie agricola è aumentata e sono contestualmente diminuiti i lavoratori regolari".



Nino Martino e Stefano Mantegazza

Catania. La Uila Uil riparte dalla lotta al lavoro nero. Oggi ad Adrano il sindacato ha organizzato un convegno provinciale dal titolo davvero eloquente: “Il frutto del lavoro nero oscura la dignità dei lavoratori, delle imprese e della società”. Un momento di riflessione ma soprattutto di proposte per contrastare la piaga del lavoro irregolare nel settore agricolo che nella provincia etnea tocca cifre record. "I lavoratori agricoli in provincia di Catania, iscritti negli elenchi anagrafici, sono circa 29 mila e appena il 2 per cento con assunzioni a tempo indeterminato. Sono 5 mila in meno rispetto all'ultimo quinquennio, mentre la superficie coltivata è cresciuta di oltre il 16 per cento per un totale di 169 mila ettari” spiega il segretario provinciale Nino Martino. “Dei lavoratori iscritti, peraltro, circa 6 mila sono al di sotto delle 50 giornate annue: Qualcosa non quadra, se all'incremento della superficie coltivata non corrisponde proporzionalmente un aumento dei lavoratori regolari”. “Noi riteniamo, quindi, che siano oltre 5 mila i braccianti in nero, almeno il doppio quelli con paghe e contribuzione irregolari. Stimiamo che siano il 24 per cento i primi, il 43 per cento i secondi".

A livello nazionale le cose non vanno meglio. Stefano Mantegazza, segretario nazionale della Uila, ha anticipato a LiveSiciliaCatania, le proposte che il sindacatoha lanciato oggi da Adrano. “L’agricoltura a livello nazionale è il settore i cui il lavoro nero è più rilevante. Addirittura mentre a livello generale il Pil fatto dal lavoro in nero è stimato intorno al 17% del totale, quello agricolo raggiunge una percentuale vicina al 33%: quasi un terzo della produzione agricola italiana è in nero”. “In particolare- dice Mantegazza- a Catania c’è un dato che conferma questa condizione: la superficie agricola è aumentata e sono contestualmente diminuiti i lavoratori regolari”. Un fenomeno che Mantegazza non esita a definire “una nuova forma di schiavitù”. Qualcosa però sembra muoversi a partire dall’estero. “Siamo stati contattati – racconta Mantegazzi- dai sindacati norvegesi, che verranno a Roma il 18 ottobre, perché i consumatori norvegesi che consumano prodotti italiani, redi edotti su quello che avviene dai giornali, non vogliono più acquistare prodotti che siano fatti con lavoro nero”. Poi la proposta operativa: un marchio che certifichi il rispetto dei contratti. “Faremo incontrare questi sindacati con le associazioni degli imprenditori (associati a Federalimentare) perché c’è questa richiesta da parte dei consumatori norvegesi di una qualità della produzione che sia tale anche da un punto di vista etico”.

Un altro versante della lotta al lavoro nero è costituito dalla denuncia di casi d’irregolarità, a Catania la Uila istituirà un numero verde per segnalare casi di lavoro in nero. “La denuncia è importante ma da sola non basta” precisa Mantegazza che anticipa una proposta della Uila che potrebbe in concreto arginare il fenomeno. “L’idea che lanciamo oggi è molto semplice. Nella rete informatica dell’Inps ci sono i dati delle aziende e dei lavoratori. Finora queste due entità fra di loro non comunicavano”. “L’azienda- spiega il segretario- chiama l’Inps per comunicare le assunzioni ma non c’è un contatto diretto. Se noi prendiamo queste due banche dati e attraverso la rete dell’Inps le mettiamo in comunicazione e usiamola bilateralità per far sì che imprese e sindacati possano gestire la domanda e l’offerta di lavoro abbiamo l’opportunità di mettere in piedi un sistema trasparente che non costa nulla”.

Un modo, dunque, per “rendere più trasparente il mercato del lavoro” e “ridurre l’area del lavoro nero e le false giornate di lavoro”. “In un sistema così trasparente si possono mettere dei paletti in grado di bloccare determinate operazioni”. Poi un esempio concreto. “Un’azienda per le colture che ha può assumere un certo numero di lavoratori, l’Inps si accorge sempre vari anni dopo che quell’impresa ha svolto tremila giornate di lavoro invece che mille”. “Se noi mettiamo all’interno del sistema informatico dei blocchi rispetto agli indici di congruità definiti dalle parti sociali se l’azienda nel caso in cui l’impresa supera in maniera macroscopica il numero di giornate dovrà spiegare perché ha bisogno di assumere ulteriori persone”. Le aziende avranno a disposizione una sorta di semaforo. Verde sino a un certo numero di giornate, mentre sarà rosso se si supera. Mantegazza non esclude la possibilità di incentivare comportamenti virtuosi andando a “rimodulare il sistema della contribuzione per premiare le aziende che utilizzano questo percorso”. Il segretario guarda con molto interesse alla Sicilia e al recente accordo sul settore forestale siglato con la Regione che permetterà, secondo Nino Martino, di utilizzare il personale per varie mansioni dal verde pubblico ai parchi archeologici.

“L’esperienza che si comincia a fare in Sicilia e le proposte avanzate dal sindacato a Catania possono diventare un laboratorio utile anche per la dimensione nazionale”. L’altissimo numero di forestali riguarda altre regioni d’Italia, Campania e Calabria in primis ma, dice Mantegazza c’è un problema a monte. “Si sono ridotti drasticamente i finanziamenti pubblici sul versante della forestazione e della manutenzione del territorio”. Per questo è utile cogliere altre opportunità di lavoro. “Il nostro- spiega Mantegazza- è un Paese che frana un po’ di più verso il mare e su questo fronte c’è una prevenzione da fare e una forestazione da mantenere”. “Sarebbe interessante alzare lo sguardo verso altre opportunità complementari: Ad esempio utilizzare i residui del sotto bosco per le energie alternative e sostituire essenza non pregiate con essenza utili all’industria del legno”. Infatti: “L’Italia importa il 90% del legno che utilizza per l’edilizia e l’arredo, da questo punto di vista ci potrebbero essere delle opportunità che non cogliamo”.
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