18 luglio 2012

LA RICHIESTA DEI LAVORATORI E' UNA SOLA: STABILIZZATECI

Il reportage

Tra i forestali di Sortino indicati come "mangiapane a tradimento". «Qui uno su due è costretto a fare due lavori»



Mario Barresi
Nostro inviato

Sortino. Sarà vero che nel paese del miele il nettare più succoso è quello dell'assistenzialismo truffaldino? E sarà vero che qui, in queste valli rocciose e silenziose, svolazzano delle api, tutte rigorosamente ammantate d'arancione, che succhiano il nettare qua e là - un po' di stipendiuccio stagionale, qualche lavoretto nascosto e poi tanto c'è la disoccupazione per tutti - per portarlo nel loro piccolo alveare? Ma sarà vero che Sortino, gioiellino incastonato fra Val d'Anapo e Pantalica, è la patria degli scansafatiche e dei mangiapane a tradimento?
Le cronache nazionali ci parlano di un paesino di novemila anime con 437 operai forestali stagionali, poco meno dei 460 (stabili) dell'intera Lombardia, con centinaia di "tute arancioni" che diventano lavoratori in nero, in un sottobosco d'illegalità.
Noi delle etichette non ci fidiamo. Ma quei numeri, da soli, valgono un viaggio. Che comincia quando il sole picchia già. Area di sosta dell'antincendio all'ingresso della riserva di Pantalica, sulla strada provinciale per Ferla, ore 10,15. Quando arriviamo la squadra non c'è. Dall'esterno si vede il caseggiato verde, tutt'attorno le auto (alcune anche di grossa cilindrata) parcheggiate all'ombra delle verdi frasche, con una robusta panca e alcune sedie a sdraio di quelle che appena le vedi ti viene subito voglia di un pisolino. Arriva la camionetta dell'antincendio, eccoli i nostri eroi. Usciamo allo scoperto per inchiodare questo manipolo di sanguisughe dei contribuenti. E invece scopriamo persone diverse da come ce le aspettavamo. Alla guida c'è Ivano Briganti, il più giovane del gruppo, «l'unico che non butta sangue qui da più di 25 anni». Appena sfoderiamo il taccuino, ci dà subito il mantra di questa mattinata: «Noi non siamo dei parassiti, ma delle persone che amano questo lavoro. La nostra richiesta è una sola: stabilizzateci. Dateci una certezza per il futuro e vedrete che le poche mele marce verranno a galla».
Entriamo subito nel cuore del problema: questi operai che fanno la Forestale (per 78, 101 o 151 giorni) intascano la disoccupazione e poi fanno doppi e tripli lavori ci sono davvero? Il paese è piccolo e la gente mormora di quel forestale che s'è fatto la villetta a forza di dipingere inferriate («cento euro l'una»), o di quell'altro che di giorno sta in ufficio, nella ditta intestata alla moglie, e di notte si riposa facendo la vedetta nei boschi.
«Ci sono - ammettono - ma sono una minoranza. Sono quelli diranno no alla stabilità, non gli conviene. Ma la maggior parte di noi sono onesti».
Chiaro e forte: nessun imboscato, in questo bosco. Non lo è Luigi Spinavaria, due bocche da sfamare e tre bolli della macchina in arretrato. «Mio figlio andava all'Università, prometteva bene. Ma non potevo pagargli gli studi e quindi s'è arruolato nell'esercito e ha messo firma». L'ultima busta paga da forestale risale a novembre e nel frattempo qualche lavoretto giornaliero: «Anche il più umile, non mi vergogno, per poche decine di euro, altro che grandi evasori». E poi, nota Antonio Ingaliso (50 anni, di cui la metà di anzianità da forestale, due figli) «con questa crisi lavoro non ce n'è, né in nero né in bianco. Quando non siamo qui siamo in piazza a contare le mattonelle»
Rosario Di Falco e Maurizio Italia alzano la posta parlando di sicurezza: «Un paio di colleghi ci hanno rimesso le pelle fra queste montagne. Perché non ci viene l'assessore Vecchio, qui a spegnere il fuoco rischiando la vita? ». Briganti ci illumina ancora: «Se noi restiamo precari e spaccati in sottogruppi facciamo gola alla politica: 28mila persone da tenere al guinzaglio con una piccola elemosina sono molto più ricattabili. Si promette la stabilizzazione a ogni elezione…».
Ci spostiamo in paese. In piazza incontrare un forestale a passeggio, in attesa di cominciare il turno "o' uoscu", è più facile che trovare un turista sotto la Tour Eiffel. In pochi minuti si sparge la voce. E si materializza un vasto campionario dei presunti 437 operai forestali sortinesi. Cifre che comunque i sindacati smentiscono. Secondo la Flai-Cgil in atto sarebbero 308 (di cui 216 nella manutenzione e 92 nell'antincendio) per un totale di 22.716 giornate. Un po' meno rispetto a quell'imbarazzante paragone con l'intera Lombardia. «E poi lì hanno una fabbrica ogni cinquanta metri, mentre noi siamo nel deserto», sbotta Vincenzo Miceli, 56 anni di cui 27 alla Forestale, rappresentante del sindacato Codires. Ribadisce la richiesta che accomuna tutti: «Stabilizzateci: chi è dentro è dentro, chi è fuori è fuori». Una frase che racchiude una statistica a naso: «Qui a Sortino uno su due è costretto a fare un altro lavoro. Alcuni sono in nero, ma altri rispettano le regole. Io, ad esempio, l'anno scorso sono stato ingaggiato da una ditta edile e ho lavorato un po': mi è costato duemila euro di tasse in più».
La piazza si riempie. Arriva Enzo Di Mauro, che fino a qualche giorno fa sistemava vialetti "tagliafuoco" con 45 gradi all'ombra: «Li dovrebbero fare prima, che prevenzione è così? ». Arriva Enzo Marchese, vedovo e padre di un figlio, che nei boschi riesce a racimolare appena 78 giorni: «Nel resto dell'anno non mi vergogno a cercare il lavoro da "iurnataro". Fra un po' sarò davanti al bivio: o fare la fame o diventare delinquente».
Appollaiata sul gradino del bar di corso Umberto, troviamo anche un'esponente della specie delle "donne forestali": a Sortino saranno una settantina. Concettina Benvenuto, giovane mamma separata, operaia stagionale da quand'era poco più che una ragazzina, non ha perso la sua femminilità. «Ma quando siamo nei boschi nessuno ti regala niente: ci spacchiamo la schiena come i maschi. Certo, per me è pesantissimo lasciare il bimbo per tutta la stagione a orari assurdi, così com'è spiacevole non avere dei servizi igienici riservati alle donne nelle postazioni. Ma meglio di essere in mezzo a una strada…».
E infine si materializza il "nonno" di tutti i forestali sortinesi: Giuseppe Bongiovanni, 65 anni, dal 1975 operaio agricolo. Si accarezza i baffoni con fare sornione. E poi ci dà la summa: «Io sto andando in pensione da precario, ma qui sono rispettato da tutti perché nel bosco sono caposquadra. I controlli sul lavoro nero? Veniteli a fare, tanto qui si muore di fame e non c'è niente che pescare. E poi siamo allenati: io per una vita ho lavorato anche come operaio edile e quando arrivava l'ispezione le gambe ci arrivavano in faccia a forza di correre veloce! ».
Roba da meritarsi la stabilizzazione "ad personam". Foss'anche un giorno prima di lasciare questa foresta senza Tarzan né Jane. Ma con un pugno di disperati che provano a sopravvivere. Anche a costo di fottere un po' il prossimo.

17 Luglio 2012

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