Ogni anno vanno in fumo migliaia di ettari, ma le toppe proposte per contrastare i roghi sono insufficienti. Anche la tecnologia fin qui non ha mantenuto le promesse o è stata accantonata. Così i responsabili non vengono quasi mai individuati
30.10.24
Edoardo Anziano, Riccardo Coluccini,
Simone Olivelli
«Se vedi un piromane chiama subito il 1515 (numero d’emergenza nazionale, ndr). Insieme li spegniamo». Durante l’estate, tramite la cartellonistica stradale, l’acquisto di pagine sui giornali cartacei e spazi su testate on line e social network, la Regione Siciliana ha cercato di sensibilizzare la popolazione contro il fenomeno degli incendi. Una piaga che storicamente colpiva l’isola nelle stagioni calde, ma che di recente, complici anche i cambiamenti climatici, ha iniziato a estendersi anche al resto dei mesi.
L’INCHIESTA IN BREVE
- Malgrado l’adozione di nuove tecnologie, gli incendi in Sicilia rimangono una minaccia costante che da anni devasta l’isola e miete vittime. Il fumo dei boschi colpisce anche metaforicamente la macchina governativa che dovrebbe decidere su quali soluzioni puntare
- La ricerca di un disegno criminale comune dietro ai roghi non ha basi solide, e le procure credono si tratti piuttosto del risultato a valle di una catena di mancanze e omissioni da parte degli attori che, a vario livello, sarebbero chiamati a prendersi cura del territorio
- Il catasto incendi, fondamentale per monitorare le aree bruciate e prevenire abusi, è spesso inefficace. Le inadempienze dei Comuni, la scarsa accessibilità dei dati e l’esclusione di incendi importanti ne limitano l’utilità
- Dati ottenuti da IrpiMedia mostrano che i droni della Sicilia non sono riusciti a prevenire gli incendi o a catturare i piromani come promesso. Sono usati per valutazioni post-incendio e prestati ad altri corpi militari e civili
- Nel 2022 un’impresa ha concesso alla Regione la possibilità di provare gratuitamente l’uso di potenti termocamere, capaci di intercettare i punti di innesco con un ridotto margine d’errore. La sperimentazione, però, è durata pochi mesi
- Lontano dalle tecnologie, a lavorare a contatto con il fuoco sono circa 15mila operai assunti stagionalmente. I sindacati vorrebbero la loro stabilizzazione, ma in passato c’è anche chi li ha accusati di avere avuto un ruolo nell’appiccare gli incendi
«Con questa campagna vogliamo unire le forze per proteggere ciò che ci appartiene: la nostra terra, la nostra flora e fauna e il futuro delle generazioni a venire», si legge su insiemelispegniamo.it, sito che fa parte delle iniziative di sensibilizzazione finanziate dalla Regione con 800 mila euro. Annualmente, il budget complessivo per applicare il piano di contrasto agli incendi è di circa 75 milioni di euro. Eppure, per quanto complesso e ampiamente sponsorizzato, il sistema di prevenzione e repressione continua a non dare i risultati sperati. Perché quella degli incendi in Sicilia è una storia di ricette che non funzionano, di toppe troppo corte per un vestito – il territorio – che con il passare del tempo è sempre più sgualcito.
LA SERIE INTERNAZIONALE #BEHINDTHEFLAME
Questo articolo è parte di una serie internazionale pubblicata in partnership con Euronews e New Lines Magazine. #BehindTheFlames è una ricerca sulle origini degli incendi sia in Italia sia in Turchia (dove l’inchiesta è stata realizzata da Sofia Cherici ed Aylin Elci) ed è stata condotta grazie al supporto del Journalismfund, che ha permesso a giornalisti di andare sul campo. Inoltre, il supporto di Privacy International ha permesso di indagare l’impiego dei droni nel contrasto agli incendi.
Da un’indagine condotta tra il 2010 e il 2020 dal Corpo Forestale, il dipartimento regionale che in Sicilia come nelle altre Province autonome e Regioni a statuto speciale è responsabile del 1515, risulta che almeno il 70 per cento dei roghi è di natura dolosa. Tra luglio e agosto 2024 ci sono stati momenti in cui tutta l’isola ha bruciato contemporaneamente: 18 incendi il 15 luglio (sette a Catania, cinque a Enna, due a Palermo, uno a Messina, uno a Ragusa e due Siracusa), altri otto un mese dopo (due a Catania, due a Siracusa, uno a Ragusa, uno ad Agrigento, uno a Caltanissetta e uno a Messina).
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