di Accursio Sabella
PALERMO - Ogni siciliano nasce già con un debito sulle spalle di quasi 1.500 euro. È questo il “peso” che è costretto a portare, spesso a sua insaputa, ogni abitante dell’Isola. La cosiddetta “ quota pro-capite” del debito complessivo della Regione siciliana: oltre 8 miliardi di euro. Un dato, quello del debito che i governi regionali hanno fatto ricadere su ogni siciliano, messo nero su bianco nell’ultimo giudizio di parifica della Corte dei conti.
Con Crocetta, il debito sale
Numeri che, tra l’altro, sono assai peggiorati da quando a governare è Rosario Crocetta. Anche questo è rinvenibile nell’impietoso giudizio contabile che ha costretto, tra l’altro, la Corte a “sospendere” la parifica. “Al 31 dicembre 2016 – si legge nella relazione delle Sezioni riunite presiedute da Maurizio Graffeo – il debito di finanziamento residuo della Regione ammonta complessivamente a 8.035 milioni di euro”. Più di otto miliardi, quindi, e un trend preoccupante, visto che la Corte parla di “un incremento rispetto all’inizio del quinquennio del 41,4 per cento”. Con Crocetta, quindi, il debito è cresciuto di quasi la metà rispetto al debito lasciato dai suoi predecessori, che già non brillarono.
Salgono le spese per gli interessi
Il numero mantiene la Sicilia ancora al di sotto delle soglie-limite fissate dalle norme. Ma sia la Sezione di controllo che la Procura, vanno oltre il dato formale, tenendo conto anche degli effetti dei mutui e delle “anticipazioni di liquidità” sui conti, puntando il dito contro il “considerevole aggravio in termini di interessi passivi”. Per la precisione, durante il governo Crocetta, “la spesa è cresciuta del 13 per cento, mentre la sola quota per interessi è cresciuta di oltre il 25 per cento”.
Graffeo: “Una questione generazionale”
Numeri sui quali, a margine dell’audizione di pochi giorni fa allo Steri, ha posto l’attenzione lo stesso Maurizio Graffeo: “Qui si pone – ha detto – un problema di natura generazionale. Questi impegni hanno in molti casi una durata trentennale, e naturalmente finiscono per irrigidire il bilancio, rendendo più difficili, in futuro, gli investimenti”. Una preoccupazione che fa capolino anche nei documenti ufficiali, dove la Corte accenna alla “sostenibilità non formale del debito”, ricordando che questo oggi risulta pari “al 9 per cento del Pil regionale e allo 0,5 per cento rispetto a quello nazionale, con un andamento – ribadisce la Corte dei conti – marcatamente crescente nel quinquennio”.
Il peso dei “derivati”
Insomma, il governo Crocetta, da questo punto di vista, ha pesantemente peggiorato le condizioni dell’Isola. Che già, del resto, scontava il peso di altre scelte, assai discutibili, compiute nel passato. E il riferimento è ai cosiddetti contratti “derivati” accesi dalla Regione nel 2005, quando a governare era Totò Cuffaro. Contratti che diedero dei risultati positivi per un paio di anni, come ricorda il Procuratore generale d’Appello Pino Zingale, ma che dal 2008 in poi hanno solo creato dei passivi per le casse pubbliche, quantificati in quasi 160 milioni di euro. Ma anche su questo punto, la Corte ha bacchettato il governo Crocetta, e il “rimprovero”, stavolta, è andato al di là del semplice avvertimento, ma ha costituito invece uno degli elementi sui quali i magistrati contabili hanno fondato la scelta di sospendere il giudizio di parifica: “Nel corso degli anni interessati alla presenza dei contratti ‘derivati’ – si legge nella relazione delle Sezioni – la Regione non ha provveduto alla creazione di fondi dedicati alla copertura delle passività potenziali scaturenti dagli stessi”.
Zingale: “Debiti per i prossimi 30 anni”
Insieme al tema dei “derivati”, poi, ecco che i riflettori della Corte si sono indirizzati verso le cosiddette “anticipazioni di liquidità”, cui il governo Crocetta ha fatto massicciamente ricorso. Non mutui in senso stretto, ma comunque nuovi debiti. “Una notevole anticipazione di liquidità tra il 2014 e 2015 (2 miliardi e 667 milioni di euro, per un residuo al 2016 di 2 miliardi e 567 milioni di euro) – ha ammonito nel corso della sua requisitoria il Procuratore Zingale – influisce pesantemente sul servizio di debito e, quindi, sulla capacità di spesa futura della Regione: tale liquidità – prosegue il Procuratore – pur non essendo tecnicamente considerata come indebitamento, composta comunque l’assunzione di obblighi da parte della Regione”. Gli effetti sulle future generazioni, insomma, di cui parlava anche Graffeo: “La restituzione, - prosegue Zingale – gravata naturalmente da interessi, peserà sulle già esangui casse della Regione Siciliana per un trentennio e cioè sino al 2044-2045”. La Sicilia, infatti, pagherà per trent’anni questo debito contratto dal governo Crocetta.
Su ogni siciliano 1.500 euro di debito
Un trend che ovviamente si riversa sul debito di ogni siciliano, una tendenza che, chiosa la Corte dei conti “segna un incremento di 400 euro nel periodo 2012-2016, attestandosi a un valore, 1.583 euro, di oltre il 45 per cento superiore rispetto alla media nazionale” che nel 2014 era di 1.088 euro. I siciliani, insomma, sono tra i più indebitati d’Italia. E la loro condizione è assai peggiorata negli ultimi anni. Ogni nuovo nato, in terra di Sicilia, viene alla luce già con un debito di 1.500 euro.
04 Luglio 2017
Fonte: livesicilia.it
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