07 luglio 2017

DA ERICE A CASTELLAMMARE: ECCO PERCHÉ LA SICILIA BRUCIA. ARRIVANO I MEZZI ANTINCENDIO. UNO DEI MOTIVI? PURTROPPO C’È ANCORA LA CONVINZIONE, SPECIE TRA I PRECARI DELLA FORESTALE, CHE, PIÙ FUOCO CI SIA, PIÙ GIORNATE DI LAVORO POSSONO FARE. IL BLOG: I LAVORATORI FORESTALI NON HANNO NESSUN INTERESSE A BRUCIARE. CERCATE DI NON SPARARE MINCHIATE. IGNORANTI!


07 Luglio 2017
Per giorni la Sicilia ha bruciato, in provincia di Trapani da Erice a Castellammare, a Piazza Armerina, a Buonfornello, a Cefalù. La pineta di Chiaramonte Gulfi è scomparsa dopo ventiquattro ore di fuoco. Qualche chilometro più avanti un altro focolaio a Grammichele, nel boschetto che accompagna chi percorre la statale verso Caltagirone. Anche un pezzo della piana di Catania è bruciato per tre giorni. 

«Un attacco ai boschi e all’Isola come mai si era visto in anni recenti», dice l’assessore al Territorio e ambiente, Maurizio Croce. I numeri parlano chiaro: tra il 15 giugno e il 1° luglio si sono registrati 1.450 focolai che hanno distrutto 2.300 ettari di boschi e 13mila ettari di terreni e sterpaglie. Lo scorso anno, nonostante il grande incendio di Cefalù, nello stesso arco di tempo i focolai erano stati 1.287. «Nei giorni di fine giugno sono stati il 20 per cento in più, e nessuno mi venga a parlare di autocombustione: 1.400 focolai significa che ci sono state 1.400 persone che hanno attizzato il fuoco», dice Croce. 

Ma quali sono i motivi per cui ogni estate la Sicilia brucia? Perché questo crescendo di anno in anno? Quali sono le indagini in corso? E, soprattutto, perché non si fanno controlli nel territorio? Ovviamente la pista che stanno seguendo gli inquirenti è quella dei piromani, perché c’è la certezza che si tratti di fiamme dolose e sappiamo che c’è molto malumore fra tanti allevatori — dicono gli inquirenti — a Naso lo scorso anno abbiamo saputo di minacce da parte di allevatori ad alcuni proprietari terrieri che non volevano affittare loro i terreni. Ormai lo stop ai contributi e agli affidamenti di terreni pubblici a chi non ha la certificazione antimafia ha creato un mercato nero di chi cerca di aggirare le norme facendo affittare a prestanome terreni privati». Le fiamme sono spesso una ritorsione o un avvertimento. 

Ma c’è anche un motivo più tecnico, ed è ciò che è accaduto nella zona dei monti sopra Taormina qualche settimana fa. «Stavamo facendo un pattugliamento e abbiamo fermato un allevatore che stava dando fuoco a una parte del suo stesso terreno, ma poi l’incendio gli è scappato di mano e stava coinvolgendo anche il bosco vicino — dicono dall’ispettorato del Corpo forestale — è infatti usanza tra gli allevatori dare fuoco ai terreni per far crescere l’erba alle prime piogge autunnali e dare così da mangiare al loro bestiame».
Mafia dei pascoli, allevatori, ma non solo: lo scorso anno a Trabia fu fermato un bracciante precario della forestale che dava fuoco ad alcuni alberi. Ed è questa la pista che la polizia sta seguendo per gli incendi recenti nell’Ennese.


Purtroppo c’è ancora la convinzione, specie tra i precari della forestale, che, più fuoco ci sia, più giornate di lavoro possono fare. Il problema vero è che i nostri boschi e le nostre campagne sono completamente fuori controllo: polizia e carabinieri non hanno alcuna squadra dedicata a questo tipo di indagini, il Corpo forestale ormai ha pochissimi uomini. Qualche esempio: per tutta la vastissima e boscosissima provincia di Messina ci sono 50 forestali in divisa: nel distaccamento di Floresta c’è un solo ispettore, in quello di Savoca (che dovrebbe controllare 22 comuni dei Nebrodi) gli ispettori sono tre. Insomma, la Sicilia paga 6.500 operai forestali per spegnere gli incendi, e a controllare il territorio invece sono poche decine di dipendenti della Regione. Un altro paradosso siciliano.

Francesco Tanasi del Codacons auspica una collaborazione tra cittadini e istituzioni affinché i colpevoli possano interrompere queste azioni di disastro ambientale e rendere più facile il lavoro degli uomini della Forestale, impegnati come sempre in prima linea.
«Sembra superfluo ricordare — afferma Tanasi — che i responsabili devono essere puniti con severità e bisogna far di tutto per porre un argine al fenomeno. Per questo propongo che Comuni e Regioni mettano una taglia di 50mila euro a piromane, offrendo i soldi a chi riesce a permetterne l’identificazione, con successiva pena». Tanasi annuncia che il Codacons si costituirà parte civile nei processi che si celebreranno contro gli incendiari, «volendo in tal modo sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni, affinché ognuno faccia la propria parte nella lotta a questa subdola e pericolosa forma di criminalità». 

Anche un’altra organizzazione della società civile, l’associazione Codici, scende in campo dopo il rogo divampato a Chiaramonte Gulfi, zona in cui le fiamme hanno devastato la pineta e molte contrade periferiche, distruggendo aziende e costringendo diverse famiglie ad abbandonare le proprie case. 

L’associazione Codici si schiera «al fianco delle aziende e dei cittadini danneggiati», dando mandato al proprio ufficio legale regionale di depositare un esposto-denuncia con cui si richiede alla procura di Ragusa di effettuare indagini anche nei confronti del Comune di Chiaramonte Gulfi, della polizia municipale e dell’Azienda sanitaria provinciale per verificare la sussistenza di elementi che possano integrare le fattispecie di concorso in incendio, disastro ambientale e faunistico, e omissione di atti d’ufficio.

Nell’esposto, Codici chiederà di allargare le indagini anche nei confronti della Regione siciliana «per verificare le eventuali responsabilità, anche per omissione, connesse alla mancata raccolta dell’erba secca in area demaniale di competenza della Regione o delle strade di competenza della ex Provincia, oggi libero consorzio dei Comuni». 

C'E' L'ACCORDO, ARRIVANO I MEZZI ANTINCENDI - Intato nelle ultime ore c'è stata una svolta, per quanto riguarda il fronte dei mezzi antincendio di cui la Sicilia ha sofferto fino a questo momento. Ieri, infatti, c'è stato l'accordo tra la Regione siciliana e la Protezione civile nazionale, dopo l'incontro al quale ha partecipato come delegato del presidente Crocetta l'assessore Croce. L'accordo prevede, immediatamente, la presenza dei seguenti mezzi: 

3 Canadair a Birgi; 3 Canadair a Lamezia Terme (utilizzati anche in Sicilia); 1 Elicottero Marina a Fontamarossa; 1 Elicottero VVFF a Fontanarossa; 1 Elicottero S64 a Comiso; 1 Elicottero VVF a Boccadifalco dalla prossima settimana oltre ad ulteriori
due elicotteri dell'esercito, di stanza in Sicilia, da convenzionare per la prossima settimana
. 


Negli anni passati, però, l’Isola aveva ben nove elicotteri dedicati allo spegnimento delle fiamme. Cosa è successo da allora? Nei giorni scorsi il capo della Protezione civile nazionale Fabrizio Curcio, e i vertici dei vigili del fuoco hanno accusato la Regione di «impreparazione».

LA DIFESA DI CROCETTA - Il governatore Rosario Crocetta non ci sta e, carte alla mano, rimanda al mittente le accuse.  Lo scorso 16 febbraio Crocetta e l’assessore Maurizio Croce avevano inviato una nota al ministro dell’Interno Marco Minniti con un oggetto chiaro: «Proposta di convenzione per l’utilizzo di elicotteri del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e della Protezione civile». La nota, di due pagine, spiega che quest’anno non si è potuta rinnovare la convenzione per due elicotteri con il Corpo forestale nazionale, che si è sciolto e fuso con i carabinieri. Da qui la richiesta di aiuto, già a novembre scorso, poi sollecitata con una nota a febbraio.

«A queste note non hanno mai risposto — dice Crocetta — solo quindici giorni fa apprendo, per vie informali, che da Roma avevano risposto all’assessore Croce che non c’era la possibilità di rifare la convenzione perché i mezzi che aveva messo a disposizione lo Stato nel passato non erano più disponibili. Hanno dodici elicotteri in tutto, ma sei sono in manutenzione. Ma perché hanno i mezzi in manutenzione d’estate? Dieci giorni fa ho chiamato il ministro degli Interni, e anche lui mi ha confermato che ci sono pochi elicotteri».

Insomma, anche lo Stato ha difficoltà, ed è questo il motivo delle mancate risposte alle richieste della Regione. Crocetta è furibondo anche per un altro motivo. La scorsa estate, dopo i disastrosi incendi di Cefalù, aveva convocato una conferenza stampa annunciando in pompa magna l’acquisto di elicotteri e mezzi per la Regione, con una spesa di 50 milioni di euro. A oggi non un euro è stato speso. «Certo, è tutto bloccato — dice il governatore — perché da un anno il Cipe non approva la delibera di spesa. Noi rischiamo di tornare agli scandali del passato, perché ora in emergenza si faranno noleggi di elicotteri da privati, mentre noi avevamo eliminato questo business». 

DOSSIER LEGAMBIENTE - In Sicilia, nel 2016, sono stati commessi più di otto reati al giorno contro l’ambiente, compresi domeniche e festivi. I dati dell’ultimo dossier di Legambiente confermano l’Isola seconda solo alla Campania nella classifica delle regioni ostaggio delle ecomafie, con 3.084 crimini accertati. E Palermo si piazza al quinto posto tra le province italiane più colpite, con 811 illeciti. Un rapporto con luci e ombre che mostra l’aumento delle denunce e delle sanzioni, grazie all’inserimento dei delitti ambientali nel codice penale, ma accende i riflettori sul grande business degli incendi boschivi, in aumento rispetto allo scorso anno.

Su questo fronte il 2016 è stato l’anno in cui più si è infittita l’attività investigativa: con 735 reati (il 15 per cento in più), 14 denunce e due sequestri, l’Isola è al terzo posto in Italia dopo Calabria e Campania. «Per questo — dice il presidente regionale dell’associazione, Gianfranco Zanna — stiamo pensando di proporre alle procure di applicare ai piromani l’aggravante del reato di ecomafia».

Fonte: www.tp24.it




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