Azzardo di Crocetta che chiede il bis. Faraone, Bianco, D’Alia…
“Sono il solo che ha sconfitto i grillini e il centrodestra,
lo ricordo a chi si prenota per il prossimo governo, qualcuno si è già
candidato e le elezioni le ha perse”. Il pizzino di Rosario Crocetta è
arrivato, netto ed inequivocabile, a tutti, soprattutto a coloro che
inseguono l’ambizione di rappresentare il centrosinistra alle prossime
elezioni regionali, previste per l’autunno del prossimo anno.
Il governatore della Regione siciliana è convinto che gli sia dovuta un’altra chance,
e che debba essere il popolo a giudicarlo, piuttosto che i partiti. Non
batte i pugni sul tavolo, esprime con sobrietà la sua volontà, ma
sceglie di manifestarla, stavolta in modo compiuto, proprio in
concomitanza dell’accordo di Roma, grazie al quale il governo della
Regione dovrebbe essere d’ora in poi esentato dal compiere pellegrinaggi
quotidiani nella Capitale per questuare risorse.
Ha fatto bene Crocetta a concedersi una così lunga rincorsa?
Che abbia il diritto di riproporre la
sua candidatura, non ci piove, ma che gli convenga porla ad un anno e
mezzo dalle urne, qualche perplessità suscita.
Il suo governo non si rafforza di certo, anzi s’indebolisce,
perché i competitor non saranno certo ben disposti a sostenerlo o
perdonargli gli incidenti di percorso in una fase così decisiva della
legislatura. Non è vero cinfatti he più nemici portano più onore, anzi è
vero il contrario: maggiore è il numero degli avversari, maggiore è il
numero dei problemi da affrontare.
Se Crocetta avesse affidato ai fatti, al
buon governo, la candidatura, senza schierarsi ai nastri di partenza
fin d’ora, le sue chances sarebbero state maggiori.
Davide Faraone, già da tempo, ha manifestato la volontà di candidarsi,
e lo ha fatto, proponendo che la scelta del candidato sia affidata alle
primarie. Che sono una brutta bestia, ma pur sempre un modo per
suscitare la partecipazione e dar lustro alla democrazia. La proposta,
dunque, ha incontrato il favore generale. E’ capitato tuttavia nel Pd
che i sindaci e presidenti uscenti vengano ricandidati senza passare
attraverso il vicolo stretto delle primarie, ma ciò è avvenuto quando
sull’uscente c’è stata una quasi unanimità di giudizio, altrimenti è
come scavarsi la fossa, sia per il partito (o la coalizione) quanto per
il candidato.
Enzo Bianco, sindaco di Catania e dell’area metropolitana, è l’altro candidato “forte”.
Non ha finora sgomitato, né manifestato un interesse per la corsa per
Palazzo d’Orleans, ma pure le pietre parlano di lui come di uno dei
possibili candidati del Pd, nel caso in cui Davide Faraone faccia marcia
indietro, o gli venga suggerito di farla.
Il terzo incomodo, restando in casa Pd, sarebbe Giuseppe Lupo
che, a differenza degli altri, non ha fatto niente per entrare nel
ventaglio dei candidati, ma è proprio per questa sua assenza dalle
dispute che viene “pensato” come una soluzione possibile in caso di
controversie aspre.
Fuori dalla coalizione di centrosinistra si annida, per Crocetta e gli altri, un pericolo serio. E’ Gianpiero D’Alia, leader dell’Udc,
che in Sicilia ha collocato il suo partito in una posizione
baricentrica, fra centrodestra e centrosinistra. Angelino Alfano, che
sembra vedere di buon occhio la candidatura di D’Alia nella sua Sicilia,
ha cercato di smuovere le acque a Roma. Vuole sapere da Renzi se il suo
partito, Ncd, o Area popolare, sarà accolto nella famiglia del
centrosinistra, seppure a latere, nei prossimi appuntamenti elettorali,
cioè le regionali e le politiche. Nel caso si raggiunga una intesa con
il Nazareno, è assai probabile che essa passi attraverso la candidatura
di D’Alia in Sicilia. E a quel punto salta il banco del Pd. Sono
archiviate le primarie ed il diritto del Presidente uscente di
riproporsi al giudizio dell’elettorato.
Rebus sic stantibus, così stando le cose,
sarebbe stato più conveniente per Crocetta, a nostro avviso, far
parlare i fatti, piuttosto che mettere il carro davanti ai buoi, allargando il novero di coloro dei “nemici”.
25 Giugno 2016
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