ENTI LOCALI
Roma non trasferisce i 500 milioni
Comuni a un passo dal disastro
La Regione agli enti: "Possiamo erogare solo 105 dei 340 milioni previsti". Gli altri sono "congelati" in attesa dell'accordo con lo Stato
PALERMO - La Regione ha allargato le braccia. E ha sostanzialmente detto ai Comuni: “Vi dovevamo 340 milioni? Al momento possiamo darvi meno di un terzo di quella somma”. Quanto basta per scatenare il caos. La lettera della Funzione pubblica ha raggiunto i 390 sindaci siciliani che adesso si trovano catapultati a un passo dal dissesto finanziario. Tutto per “colpa” di quell'accordo tra lo Stato e la Sicilia che ancora non arriva, a mesi dall'approvazione di una Finanziaria che “congelava” più di 500 milioni. Tra questi, oltre duecento milioni erano destinati ai Comuni. Soldi che, appunto, non sono stati ancora liberati. E così, l'assessore Lantieri ha dovuto arrendersi: “Al momento possiamo trasferire solo 105 milioni”. Si tratta del cosiddetto Fondo perequativo comunale: in pratica, la somma che viene trasferita ogni anno dalla Regione ai singoli enti. Ne arrivreà meno di un terzo, se tutto andrà bene.
Un caos, appunto. Perché i Comuni, in queste condizioni, non sono in grado di chiudere i bilanci, già in ritardo di quasi un mese. E quindi di effettuare alcuna spesa. “Il sistema è imploso – la denuncia del vicepresidente dell'Anci, Paolo Amenta – a causa della superficialità e del pressapochismo”. Nella nota della Regione, si fa riferimento a “notizie apprese” secondo cui quelle somme potrebbero essere liberate “nelle prossime settimane”. Scadenza abbastanza vaga, a dire il vero. Sebbene i sindaci abbiano ricevuto informalmente rassicurazione sull'arrivo dei soldi entro luglio. Per questo motivo hanno lanciato un appello al ministro dell'Interno Angelino Alfano, per chiedere una proroga di tre mesi dei termini per l'approvazione dei bilanci. Il rischio, infatti, è che i Comuni si ritrovino “cornuti e mazziati”: senza soldi per chiudere i conti, e magari commissariati proprio a causa dell'assenza dei bilanci.
“Le urgenze finanziarie – ha sottolineato nel documento inviato ad Alfano l'Ufficio di presidenza dell'Anci Sicilia - sono state rese insostenibili dai ritardi nell'erogazione delle risorse previste per i comuni e dalla reiterata inattività da parte della Regione che si giustifica rivendicando risorse nazionali. A questo si deve aggiungere la drammatica situazione dei precari, dei quali sembra che nessuno intenda occuparsi nonostante le soluzioni a costo zero presentate dall'AnciSicilia, di intesa con tutte le rappresentanze dei lavoratori, attraverso la conferma delle risorse regionali in progressiva riduzione di risorse per effetto del turn over nei comuni”.
Perché insieme alla mancanza dei soldi, ecco l'altra “bomba a orologeria” che è già scattata nei Comuni siciliani: è quella degli oltre 15 mila precari che ad oggi non hanno alcuna certezza sulla loro stabilizzazione. E che rischiano di trovarsi in mezzo a una strada già alla fine di quest'anno. Anche per questo, centinaia di loro, domani, si ritroveranno di fronte al Teatro Politeama per una marcia di protesta. Nel frattempo, però, la stessa giornata di sciopero sta creando problemi enormi nei Comuni. Dove molti uffici resteranno chiusi, proprio a causa dell'assenza di questi precari storici che in alcune realtà rappresentano addirittura la metà dei dipendenti comunali.
E come se non bastasse, ecco l'altra emergenza all'orizzonte. Le difficoltà della liquidità regionale. Un problema che non consente i trasferimenti di quote di parte corrente relative al 2015 ai Comuni e che rischia di bloccare anche la raccolta dei rifiuti : non ci sono i soldi, infatti, per pagare le ditte che si occupano del servizio.
“La pesantezza della situazione delle amministrazioni locali - conclude l’Anci nella sua nota - non consente ulteriori temporeggiamenti e determina una condizione di elevato rischio di isolamento anche per quegli amministratori già fortemente esposti sui diversi versanti della legalità. Ancora una volta scegliamo un approccio istituzionale al fine di prevenire singole iniziative clamorose che ci troveremmo a dover sostenere".
Ma qualche iniziativa clamorosa potrebbe ugualmente arrivare. E presto. Anche perché la nota della Regione suggerisce agli enti di utilizzare lo stesso strumento usato in finanziaria: quello cioè di congelare le somme in attesa dell'ok da Roma. “Attenersi ai suggerimenti della Regione – spiega però Mario Emanuele Alvano, segretario generale dell'Anci - significherebbe per la quasi totalità degli comuni dell'Isola dover deliberare il dissesto finanziario. Come è noto gli enti locali siciliani, a causa della loro scarsa capacità fiscale, dipendono ancora strutturalmente, rispetto al resto d'Italia, dal trasferimento di risorse regionali grazie al quale sono in condizione di erogare servizi ai cittadini. Ricordiamo che tali trasferimenti negli ultimi sei anni sono già stati drasticamente ridotti di oltre due terzi e rischiano oggi di essere quasi azzerati".
“Abbiamo da tempo formalmente sollevato dinanzi a tutte le istituzioni competenti, - aggiunge il presidente Orlando - il problema delle gravi criticità finanziarie in cui versano i nostri comuni. Da più parti sono stati sollevati dubbi con riferimento agli effetti della situazione siciliana sul contesto nazionale e rispetto al risultato delle elezioni amministrative. Da altri è stata sollevata la necessità che l'accordo tra Stato e Regione passi attraverso la complessa procedura costituzionale di modifica dello Statuto siciliano. Il tutto sembra, come abbiamo già denunciato, un inaccettabile e irresponsabile temporeggiamento le cui conseguenze – prosegue Orlando - si ripercuotono sulla tenuta sociale dei territori e sulla stessa incolumità degli amministratori. Di fronte alla odierna comunicazione della Regione e in mancanza di adeguati segnali istituzionali da parte delle autorità competenti, saremo costretti a denunciare le conseguenze di questa disastrosa situazione di calamità istituzionale alla magistratura ordinaria e alla stessa Corte dei Conti”. È partita la guerra dei Comuni, stretti nella morsa di Palazzo Chigi e Palazzo d'Orleans. E giunti, adesso, a un passo dal fallimento.
23 Maggio 2016
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