“La Professionalità degli A.I.B.”
Tutela della dignità del lavoratore
Si è affermata nel tempo una lettura rigorosa dell’art. 2103 c.c., intesa quale norma diretta a bilanciare l’esercizio del potere direttivo da parte del datore di lavoro con la predisposizione di una “tutela degli interessi costituzionalmente rilevanti del prestatore di lavoro (artt. 1, 2, 3, 4, 32, 36, 40 Cost.) e “finalizzata alla tutela della dignità del lavoratore per preservarlo dai danni a quel complesso di capacità e di attitudini che viene definito con il termine di professionalità” (Corte cost. 16 marzo 1989 n. 108; Corte cost. 6 aprile 2004 n. 113; Cass., sez. un., 7 agosto 1998, n. 7755): il giudizio di equivalenza viene collegato alla verifica del mantenimento della posizione tecnico-professionale raggiunta dal lavoratore all’interno dell’organizzazione produttiva.
Si sottolinea la valenza costituzionale del bene della “professionalità” del lavoratore sicché la dequalificazione viene vista come “comportamento discriminatorio” atto a ledere la “dignità sociale del lavoratore” non solo sotto il profilo dei diritti di libertà e di attività sindacale ma anche dei “diritti di libertà finalizzati allo sviluppo della personalità morale e civile” dello stesso (Corte cost. 16 marzo 1989 n. 108; Corte cost. 19 dicembre 2003 n. 359; Cass. 26 maggio 2004 n. 10157; Cass. 23 marzo 2005 n. 6326; Cass. 24 marzo 2006 n. 6572).
La professionalità viene intesa come complesso di attitudini e capacità acquisite dal lavoratore (Cass. 6 giugno 1995 n. 6333; Cass. 17 luglio 1998 n. 7040), sicché l’accertamento dell’equivalenza deve avvenire sulla base del bagaglio di capacità ed esperienza che costituisce il patrimonio professionale del lavoratore.
Le nuove mansioni, infine, per essere ritenute equivalenti, devono essere collocate nel medesimo livello di inquadramento contrattuale o nella stessa area professionale di quelle di provenienza (Cass. 5 aprile 1984 n. 2231; Cass. 4 ottobre 1995 n. 10405; Cass. 1 settembre 2000 n. 11457; Cass. 19 maggio 2001 n. 6856; Cass. 15 febbraio 2003 n. 2328).
Il Mab Sicilia
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