di Michele Giuliano
L’assessorato al Lavoro sta aggiornando l’elenco del bacino che oggi conta 6 mila lavoratori. La Regione avvia le procedure per i Comuni per la permanenza sino al 2019
PALERMO - È arrivato il momento di scegliere. La circolare dell’assessorato regionale della Famiglia, delle Politiche Sociali e del Lavoro parla chiaro. Chi fa parte del bacino dei lavoratori socialmente utili finanziato con fondi a carico del bilancio regionale, i cosiddetti Asu, potranno scegliere se permanere nel settore, proseguendo le attività fino al 31 dicembre 2019, o optare per la fuoriuscita definitiva dal bacino di appartenenza a fronte della corresponsione di una indennità omnicomprensiva di importo corrispondente a 5 anni dell’assegno di utilizzazione in Asu, da ricevere in rate annuali. Queste misure sono applicabili unicamente ai soggetti per i quali il numero di anni necessari al raggiungimento dei requisiti di pensionabilità non è inferiore a dieci.
Per rendere il piano attuabile, gli enti che utilizzano tali lavoratori dovranno immediatamente aggiornare il piano di fuoriuscita, pena l’avvio delle procedure di decadenza dell’ente utilizzatore da tutti i benefici previsti dalla normativa vigente in materia di lavori socialmente utili. In tal modo sarà possibile concretizzare la programmazione necessaria in un piano che potrà comunque successivamente essere modificato ed integrato, nel caso in cui intervenissero nuove possibilità che possono agevolare la fuoriuscita dal bacino dei lavoratori destinatari delle misure.
Successivamente alla istituzione della “Sezione Esuberi-Asu”, all’interno dell’Elenco Unico Regionale, di cui all’articolo 30 comma 1, della Legge regionale 5/2014, verranno impartite opportune direttive per i “Piani di utilizzo e di fuoriuscita dei precari Asu” e per “l’individuazione dei nuovi enti utilizzatori” per quei lavoratori che siano rimasti privi di un ente di riferimento, in modo da garantire la continuità occupazionale. A vigilare sulla corretta attuazione delle richieste degli uffici regionali saranno gli ispettorati territoriali del Lavoro e i Centri per l’Impiego, nell’ambito delle rispettive competenze. Se da una parte si spinge per la fuoriuscita, quindi, dall’altra continua il processo per la stabilizzazione dei cosiddetti Asu, lavoratori impiegati in attività socialmente utili.
Un procedimento che sembra essere lineare e semplice, che dovrebbe finalmente avviare la stabilizzazione di tanti lavoratori che, una ventina di anni fa, avrebbero dovuto lavorare per un solo anno e che poi, seppur nella loro precarietà, hanno trovato “stabilità” in Regione, Comuni, Province, sanità e altre strutture pubbliche e parapubbliche.
Gli Asu sono in 6 mila in tutta l’Isola e vivono letteralmente in un limbo: non hanno un contratto, non godono di ferie e malattie, praticamente continuano a essere lavoratori in nero legalizzati dalle istituzioni. Hanno avuto accesso alle Pa siciliane senza uno straccio di concorso, quindi anche in contrasto con la Costituzione. Il loro stipendio è interamente a carico della Regione. Sono nati, e continuano ancora ad avere questo profilo professionale, come supporto agli impiegati. Non avendo un contratto infatti non possono svolgere alcune mansioni perché per loro non sono previste indennità accessorie come, ad esempio, il “rischio” o il “disagio”.
In pratica, però, questi lavoratori gestiscono servizi essenziali. E non ci sono solo loro: il bacino dei precari è costituito da 18 mila Lsu, lavoratori socialmente utili, collocati negli enti locali, 700 contrattisti della Regione, 3 mila Pip (Piani di Inserimento Professionale), mille operai dei Consorzi di Bonifica, per non parlare degli oltre 8.000 operatori della formazione professionale. A questi occorre aggiungere 28 mila forestali che lavorano, però, solo sei mesi per anno.
10 marzo 2018 - © RIPRODUZIONE RISERVATA
Fonte: www.qds.it
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