11 giugno 2015

FONDI UE, DA SPENDERE 400 MILIONI IN 6 MESI E INTANTO L'EUROPA “TAGLIA I VIVERI” ALLA SICILIA



I DATI

Fondi Ue, da spendere 400 milioni in 6 mesi
E intanto l'Europa “taglia i viveri” alla Sicilia


di Accursio Sabella


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Dei complessivi 1,4 miliardi del Fondo sociale europeo, la Sicilia ha speso un miliardo. Il resto andrà certificato entro il 31 dicembre 2015. Una corsa contro il tempo. Intanto, la nuova programmazione sarà meno generosa per la Regione: solo 800 milioni. Nonostante i numeri sull'occupazione nell'Isola siano drammatici.

PALERMO - Correre. Adesso bisogna correre. Per riuscire a spendere, in soli sei mesi, poco meno della metà di quanto è stato speso negli ultimi sei anni. Quasi 400 milioni. Questa è la “fetta” del Fondo sociale europeo non ancora utilizzata dalla Regione siciliana. Una porzione non indifferente, visto che il Piano complessivo di investimenti ammontava a circa 1,4 miliardi.

Ma adesso, bisogna correre. E l'auspicio è stato espresso anche ieri, in occasione del Comitato di sorveglianza sui Fondi strutturali che si è tenuto a Palazzo d'Orleans, dal dirigente generale della Commissione europea Denis Genton. Nel frattempo, però, in vista della nuova programmazione, quella 2014-2020, l'Europa “taglia i viveri” alla Sicilia. Le somme provenienti dal Fondo sociale europeo ammonteranno in tutto a 820 milioni. Oltre mezzo miliardo in meno dell'ultima cifra messa a disposizione della Sicilia.

E dire che la vecchia programmazione partiva addirittura da un budget complessivo di oltre due miliardi di euro. Un plafond che si è via via assottigliato, dopo gli interventi del governo nazionale. Fino, appunto, all'ultima dotazione: circa 1,4 miliardi. Dei quali la Sicilia ha speso una porzione pari a un miliardo. Il resto andrà speso e certificato entro il 31 dicembre 2015. Per intenderci, nel solo anno 2014 la spesa certificata a valere sul programma operativo è stata pari a circa 120 milioni di euro.
Una corsa contro il tempo, quindi. Che il governo regionale però guarda con un certo ottimismo. L'assessore alla Formazione Mariella Lo Bello si è detta “certa che riusciremo a evitare il disimpegno anche di un solo euro. Del resto, in molte misure siamo in 'overbooking'”. In pratica, in molti casi la Regione ha “impegnato” somme per un totale superiore al cento per cento della dotazione prevista. Nella speranza, appunto, di riuscire a spendere quantomeno la somma totale. E in effetti in passato non sono mancati i problemi. Legati anche, è stato fatto notare in occasione del Comitato di sorveglianza da alcuni rappresentanti di categoria, dall'eccessivo e a volte frenetico turn over di assessori e direttori generali. Un caos amministrativo che ha impedito una serena programmazione.
“In più di una occasione – ricorda ad esempio il direttore di Confindustria Sicilia Giovanni Catalano - abbiamo posto l'accento sul rafforzamento amministrativo e soprattutto sulla semplificazione delle procedure. Non sempre infatti – aggiunge – le procedure complesse sono garanzia di trasparenza”.
E da qualche parte il fallimento è già nei numeri. È il caso, ad esempio, dell'asse che riguarda i progetti di “transnazionalità e interregionalità”, progetti che dovrebbero favorire i rapporti tra la Sicilia e altri stati. Dei trecento mila euro previsti non ne è stato speso, in oltre sei anni, nemmeno uno.
E come detto, la nuova programmazione sarà meno generosa nei confronti della Sicilia. E la spiegazione arriva sempre dall'assessore Lo Bello: “Paradossalmente – dice – il calo della dotazione finanziaria complessiva è una buona notizia. Vuol dire che altre regioni hanno più bisogno di noi di quei fondi. Senza contare, tra l'altro, che mentre per il vecchio Piano l'Europa ha stanziato 13 miliardi destinati all'Italia, per la nuova programmazione la dotazione è scesa a 10 miliardi complessivi”.
Un ottimismo che però si scontra con i numeri che sono stati illustrati proprio dai dirigenti regionali nel corso del Comitato di sorveglianza. Dati che dipingono una Sicilia a tinte fosche. Ben lontana dalla ripresa. E dove il massiccio intervento di fondi europei non ha contribuito, ad esempio, a migliorare il trend relativo all'occupazione. Crollato dal già basso valore del 43,5 per cento del 2009 al 39,3 per cento del 2013 (in Italia il dato è del 55,6 per cento, nei Paesi dell'Ue è del 64 per cento). Preoccupanti in particolare i dati relativi all'occupazione giovanile (15-29 anni) calati dal 23 al 18 per cento nel corso degli ultimi cinque anni della vecchia programmazione. Parallelamente, aumenta il tasso di disoccupazione della popolazione, soprattutto a partire dal 2011 e tra le donne. Anche i livelli di disoccupazione (il 21 per cento) sono più elevati della media italiana (12,2 per cento) ed europea (10,5). Anche in questo caso i numeri relativi ai giovani sono drammatici: si è passati da un livello di disoccupazione pari al 31,9 per cento nel 2009 a quello del 46 per cento in appena cinque anni. Per farla breve, la Sicilia è la regione italiana più povera: l'indice di povertà regionale calcolato sulla popolazione è oltre il doppio del valore medio italiano.
E legata al tema dell'occupazione, in un certo senso, è la vicenda relativa all'assistenza tecnica per la nuova programmazione. Alle attività, insomma, di monitoraggio, rendicontazione e certificazione della spesa. L'orientamento del governo regionale sembra quello di “internalizzare” il servizio, affidando le operazioni alla partecipata Sviluppo Italia Sicilia, in gravissime difficoltà finanziarie. Difficoltà tali da mettere in bilico il futuro dei circa 70 lavoratori dell'azienda. “Ci stiamo pensando – ammette Mariella Lo Bello – così come crediamo di coinvolgere anche Sicilia e-Servizi. Vedremo come fare”. Ma la scelta desta già qualche dubbio sulla “terzietà” del ruolo di una società regionale nella verifica della spesa regionale, così come sulle professionalità a disposizione dell'azienda. Dubbi che avevano “frenato” già in passato l'affidamento a Sviluppo Italia Sicilia di queste operazioni. Così, quando la nuova programmazione è ancora al palo, si intravede già la prossima “guerra”. Quella dell'assistenza tecnica. Un affare da almeno 15 milioni. 

 11 Giugno 2015 
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