Regione elemosinante per pagare i parassiti
di Carlo Alberto Tregua
Occorre finanziare gli investimenti
Man mano che passano i giorni di questo novello anno, la situazione finanziaria della Regione ha un orizzonte sempre più nero, perché il commissario-assessore, Alessandro Baccei, ha capito del tutto che le sue possibilità di manovra, per quadrare il Bilancio 2015, sono ormai ridotte al lumicino.
Ciò perché il presidente della Regione non ha il coraggio di affrontare e risolvere il dilemma di fondo: pagare i parassiti o finanziare gli investimenti, fra cui il cofinanziamento dei circa venti miliardi, che comprendono i fondi Ue (6 miliardi residuali del Po 2007/13 e 14 miliardi del Po 2014/20, come da tabella pubblicata sul QdS dell’11 novembre scorso).
La soluzione del dilemma sembra difficile, ma è semplice. Crocetta, se avesse coraggio, dovrebbe dire ai circa 50 mila parassiti che, in quanto il loro lavoro non è utile alla produzione dei servizi, non possono più albergare all’interno della Regione, come, allo stesso modo, non hanno compensi 344 mila disoccupati (Istat novembre 2014).
La questione posta da Crocetta, di chiedere al governo centrale 1,2 miliardi relativi alle ritenute dei dipendenti pubblici della Sicilia, non ha nè capo nè coda, perché un’ipotesi di tal genere dovrebbe essere ottenuta attraverso una legge nazionale. Ma lo Stato non può prendere 1,2 miliardi dal bilancio per darli alla Sicilia. Quindi, questa è una strada cieca.
Più concreta sarebbe quella di insistere per l’applicazione dell’articolo 36 dello Statuto. Ma anche in questo caso sarà quasi impossibile che lo Stato trasferisca dal proprio esangue bilancio i miliardi delle accise alla Regione Siciliana.
C’è da aggiungere, per quanto riguarda l’Irap, che la sottrazione del costo del lavoro al relativo conteggio farà diminuire l’ammontare della relativa imposta a favore della Regione.
Tenuto conto del fatto che le addizionali regionali sono al massimo, non si vede come le entrate possano aumentare, quindi l’attenzione del commissario-assessore non può che rivolgersi quasi esclusivamente alle uscite. Cosicchè, esse, depurate dalle spese clientelari, possano fare emergere le risorse indispensabili per finanziare investimenti e, fra essi, il cofinanziamento massiccio dei fondi europei.
Non sappiamo se Crocetta avrà il coraggio sopra indicato, nè se il commissario-assessore avrà la forza di imporre la realtà al predetto presidente. Sappiamo con certezza che, non approvando il bilancio entro il 30 di aprile, la Regione verrà, finalmente, commissariata.
Occorre voltare pagina, passare da una conduzione di politicanti senza mestiere, che ha rovinato la Sicilia, ad una opposta, che dovrà essere condotta dal novello presidente della Regione, il cui identikit è pubblicato nella pagina interna.
Egli dovrà essere persona che non proviene dal ceto dei politicanti, con un proprio cursus honorum di prim’ordine e con referenze che dimostrino, senza ombra di dubbio, ai siciliani, che nelle sue attività professionali o di altro genere abbia conseguito successi per decenni.
Va da sè che fra i requisiti vi debba essere quello dell’onorabilità, che non è stigmatizzata dal professionismo antimafia come lo definiva Leonardo Sciascia, ma da una capacità organizzativa e amministrativa dimostrata, sulla quale gli elettori siciliani non possano avere dubbi di sorta.
Nella selezione del candidato alla presidenza della Regione, dovrebbero intervenire con forza e decisione quotidiani e televisioni regionali, che insieme al QdS, dovrebbero aprire gli occhi al popolo affinché eviti per la quarta volta di eleggere un presidente della Regione inutile e incapace a risolvere i problemi della Sicilia.
Ripetiamo, i problemi della Sicilia si possono sintetizzare in due dati fondamentali: il Pil e l’occupazione. Bisognerà mettere in perfetta evidenza i progetti dei candidati perché aumentino questi due indici. Chi non sapesse informare l’opinione pubblica su tali progetti dovrebbe essere bocciato in primo luogo da quotidiani e televisioni regionali.
Ricordiamo che l’informazione è il sale della democrazia e che i giornalisti hanno il dovere di far sapere ai cittadini tutto quello che è necessario perché essi abbiano la possibilità di decidere con cognizione di causa e secondo la propria coscienza.
Quotidiani e televisioni regionali hanno il dovere di indicare i vecchi politicanti, che hanno vissuto sul clientelismo e sul favoritismo, per evitarli.
Ciò perché il presidente della Regione non ha il coraggio di affrontare e risolvere il dilemma di fondo: pagare i parassiti o finanziare gli investimenti, fra cui il cofinanziamento dei circa venti miliardi, che comprendono i fondi Ue (6 miliardi residuali del Po 2007/13 e 14 miliardi del Po 2014/20, come da tabella pubblicata sul QdS dell’11 novembre scorso).
La soluzione del dilemma sembra difficile, ma è semplice. Crocetta, se avesse coraggio, dovrebbe dire ai circa 50 mila parassiti che, in quanto il loro lavoro non è utile alla produzione dei servizi, non possono più albergare all’interno della Regione, come, allo stesso modo, non hanno compensi 344 mila disoccupati (Istat novembre 2014).
La questione posta da Crocetta, di chiedere al governo centrale 1,2 miliardi relativi alle ritenute dei dipendenti pubblici della Sicilia, non ha nè capo nè coda, perché un’ipotesi di tal genere dovrebbe essere ottenuta attraverso una legge nazionale. Ma lo Stato non può prendere 1,2 miliardi dal bilancio per darli alla Sicilia. Quindi, questa è una strada cieca.
Più concreta sarebbe quella di insistere per l’applicazione dell’articolo 36 dello Statuto. Ma anche in questo caso sarà quasi impossibile che lo Stato trasferisca dal proprio esangue bilancio i miliardi delle accise alla Regione Siciliana.
C’è da aggiungere, per quanto riguarda l’Irap, che la sottrazione del costo del lavoro al relativo conteggio farà diminuire l’ammontare della relativa imposta a favore della Regione.
Tenuto conto del fatto che le addizionali regionali sono al massimo, non si vede come le entrate possano aumentare, quindi l’attenzione del commissario-assessore non può che rivolgersi quasi esclusivamente alle uscite. Cosicchè, esse, depurate dalle spese clientelari, possano fare emergere le risorse indispensabili per finanziare investimenti e, fra essi, il cofinanziamento massiccio dei fondi europei.
Non sappiamo se Crocetta avrà il coraggio sopra indicato, nè se il commissario-assessore avrà la forza di imporre la realtà al predetto presidente. Sappiamo con certezza che, non approvando il bilancio entro il 30 di aprile, la Regione verrà, finalmente, commissariata.
Occorre voltare pagina, passare da una conduzione di politicanti senza mestiere, che ha rovinato la Sicilia, ad una opposta, che dovrà essere condotta dal novello presidente della Regione, il cui identikit è pubblicato nella pagina interna.
Egli dovrà essere persona che non proviene dal ceto dei politicanti, con un proprio cursus honorum di prim’ordine e con referenze che dimostrino, senza ombra di dubbio, ai siciliani, che nelle sue attività professionali o di altro genere abbia conseguito successi per decenni.
Va da sè che fra i requisiti vi debba essere quello dell’onorabilità, che non è stigmatizzata dal professionismo antimafia come lo definiva Leonardo Sciascia, ma da una capacità organizzativa e amministrativa dimostrata, sulla quale gli elettori siciliani non possano avere dubbi di sorta.
Nella selezione del candidato alla presidenza della Regione, dovrebbero intervenire con forza e decisione quotidiani e televisioni regionali, che insieme al QdS, dovrebbero aprire gli occhi al popolo affinché eviti per la quarta volta di eleggere un presidente della Regione inutile e incapace a risolvere i problemi della Sicilia.
Ripetiamo, i problemi della Sicilia si possono sintetizzare in due dati fondamentali: il Pil e l’occupazione. Bisognerà mettere in perfetta evidenza i progetti dei candidati perché aumentino questi due indici. Chi non sapesse informare l’opinione pubblica su tali progetti dovrebbe essere bocciato in primo luogo da quotidiani e televisioni regionali.
Ricordiamo che l’informazione è il sale della democrazia e che i giornalisti hanno il dovere di far sapere ai cittadini tutto quello che è necessario perché essi abbiano la possibilità di decidere con cognizione di causa e secondo la propria coscienza.
Quotidiani e televisioni regionali hanno il dovere di indicare i vecchi politicanti, che hanno vissuto sul clientelismo e sul favoritismo, per evitarli.
20 gennaio 2015
Nota
Il Direttore del Qqs la deve finire di mettere i disoccupati contro i precari, così facendo si rischiano di provocare tensioni sociali.
I veri privilegi sono i contributi all'editoria perchè vivono ancora a spese nostre grazie al sostegno dello Stato. Questo vuol dire che i giornali ricevono una cifra di
soldi all’anno. Questi soldi vengono decisi e ripartiti in
base alle copie distribuite (copie stampate), e non in base agli
acquirenti effettivi delle copie distribuite. Ciò incentiva i gruppi
editoriali a stampare molte copie che poi rimarranno inevitabilmente
invendute.
Quindi se per esempio il Qds non vende le copie che per legge deve stampare, riceve ugualmente il privilegio del contributo. La regola per non perdere i finanziamenti, è stampare e non vendere.
Nel frattempo sono arrivati i contributi dell'anno 2013. Al Quotidiano di Sicilia vanno 734.461,24 euro (1 miliardo 422 milioni delle vecchie lire) di privilegi, che sommandoli ai 13.184.064,16 milioni di euro (più di 25 miliardi e 500 milioni delle vecchie lire) percepiti dal 2003 al 2012, fanno la bellezza di 13.918.525,4 milioni di euro (26 miliardi 950 milioni delle vecchie lire). Senza quest'ossigeno è costretto a chiudere i battenti, quindi aumenteranno i disoccupati. Egregio Direttore Carlo Alberto Tregua, siccomne noi siamo per il lavoro e ci sentiamo di difendere i vostri privilegi.
Ancora una volta Lei preferisce gettare fango sui precari anzichè proporre idee su come farli lavorare.
Per noi deve essere la politica a correggere gli errori fatti dai Governi precedenti, ovviamente tutelando i lavoratori.
Fonte. www.governo.it
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