Il Parco nazionale degli Iblei resta al palo La denuncia.
L'ambientalista Pantano: «Previsto dalla legge, è un'opportunità per lavoro e turismo»
Una veduta della valle degli Iblei che rappresenta
un tesoro naturalistico e un volano economico
e di crescita
culturale mai sfruttato
Resta fermo sulla carta il Parco degli Iblei. O meglio, nei cassetti della Regione così come le occasioni di rilancio del territorio. A riaccendere i riflettori sulla mancata opportunità è l'ambientalista Paolo Pantano, del comitato promotore del Parco, che chiama in causa gli enti preposti alla nascita di questa struttura: ministero in primis. «Il Parco degli Iblei - dice Pantano - nasce per rilanciare l'economia sugli Iblei: un territorio mummificato dall'abbandono e per rimetterlo in moto dopo anni di incuria. È certo una grande opportunità per l'agricoltura, per il turismo e per la tutela della straordinaria biodiversità di quest'area».
Pantano fa cenno alla legge Quadro sulle aree protette del 1991 che è la norma nazionale di riferimento per i Parchi nazionali. «La legge prevede - dice - che "ai Comuni e alle Province il cui territorio è compreso, in tutto o in parte, entro i confini di un parco nazionale, è attribuita priorità nella concessione di finanziamenti statali e regionali". Ciò vale per la realizzazione di interventi, impianti ed opere previsti nel piano per il parco come il restauro di edifici di particolare valore storico e culturale, il recupero dei nuclei abitati rurali, opere di conservazione e di restauro ambientale del territorio, ivi comprese le attività agricole, forestali e di agriturismo. Ottime opportunità si presentano, pertanto, per la tutela del patrimonio naturalistico: salvaguardia dei sentieri, regie trazzere, sorgenti d'acqua, cave, grotte, boschi e per il restauro e manutenzione del patrimonio dell'area».
E dunque per la tutela e la valorizzazione di muri a secco, masserie, vecchi frantoi e palmenti, abbeveratoi, mulini ad acqua, niviere, necropoli, chiese rupestri, edicole votive. Tesori da riscoprire e che, in un'ottica di rilancio, metterebbero in moto anche un circuito economico virtuoso. «Si darebbe il via - dice l'ambientalista - a concrete possibilità occupazionali ed economiche con le canalizzazioni di risorse che i parchi hanno per la forestazione, per evitare il dissesto idrogeologico e per la salvaguardia dei numerosi manufatti che insistono nell'area». Nei Parchi già istituiti come Abruzzo, Maiella, Cinque Terre, inoltre, il valore immobiliare dei manufatti e dei terreni è cresciuto in maniera considerevole e vi è stato un incremento del turismo del 20-30%.
«La legge quadro sulle aree protette - dice Pantano - prevede che dopo l'attuazione dell'iter istituzionale (consultazione dei Comuni e delle Province interessate), i passaggi successivi siano di competenza del ministero dell'Ambiente. Dopo una lunga serie di riunioni nelle sedi delle 3 Province incaricate di coordinare (per Siracusa curò l'iter Nicola Bono), il percorso per l'istituzione del Parco si concluse e venne definita una proposta di perimetrazione e zonizzazione. In una conferenza di servizi a Palermo con la presenza dell'assessore regionale, dei funzionari del ministero dell'Ambiente, dei rappresentanti delle Province e delle associazioni ecologiste siciliane fu deciso di trasmettere la documentazione al Ministero, ma il Parco è bloccato in quanto, per quello che conosciamo, la documentazione si trova ancora nei cassetti della Regione e non è partita per il Ministero dell'Ambiente, nonostante l'utilità conclamata del Parco ai fini della salvaguardia e tutela della biodiversità e delle rilevanti opportunità turistiche».
i. d. b.
03 Dicembre 2014
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