dal Segretario Fai Cisl Palermo Trapani
Francesco Nuccio
Caro Michele.
Mi è piaciuto molto l’articolo pubblicato relativo all’intervista di Giulia Rubino, attivista del coordinamento siciliano “salviamo i boschi” che mi sono detto che vale la pena esternare alcune mie considerazioni sperando di contribuire ad una riflessione comune positiva. Per fare questo, cercherò di spogliarmi del mio ruolo istituzionale di segretario della FAI CISL Palermo Trapani, la federazione della CISL che si occupa del comparto agroforestale ambientale ed alimentare, dicendo semplicemente quello che penso della questione trattata, frutto anche della mia esperienza in questo settore da oltre 30 anni.
Come dicevo all’inizio, l’analisi dell’intervista è perfetta e condivisibile al 100%. Mi sia consentito qualche dato più preciso: i lavoratori forestali in Sicilia, (dato aggiornato con le ultime graduatorie al 30/06/2023) sono circa 17.000 e di questi circa 4000 appartengono al contingente antincendio (lavoratori utilizzati solo ed esclusivamente per le operazioni di spegnimento incendi).
E’ vero quello che l’autrice dell’articolo afferma e cioè:” la politica di prevenzione antincendi della Regione Sicilia è sempre la stessa: volutamente frammentata e inefficiente, con pochi mezzi a terra, malridotti e antiquati, numeri esigui del personale addetto allo spegnimento” e si potrebbe aggiungere anche quasi tutti in età avanzata, senza attrezzature idonee (ad esempio sono sforniti di maschere con ossigeno, con tute da lavoro poco ignifughe, senza lampadine per gli interventi notturni, con automezzi obsoleti, spesso poco funzionanti, con autobotti che spesso diventano inutilizzabili perché vecchie e necessari di interventi di manutenzione che tardano ad essere fatti per indisponibilità di risorse o per i tempi della burocrazia); sulla loro formazione sembra giusto dire che il periodo per cui sono chiamati (quasi tutti per 101 giornate di lavoro) basta solo il tempo per la formazione obbligatoria prevista dal Decreto Leg.vo 81/2008 ma non c’è tempo per una formazione a carattere specialistico o comunque questa non è mai stata fatta; la formazione specialistica i lavoratori l’hanno acquisita sul campo con la loro esperienza negli anni di lavoro nel settore.
Mi fermo qui, perché altrimenti vengo meno all’impegno di spogliarmi del ruolo rivestito; vorrei invece dire qualcosa prendendo spunto da alcuni argomenti ben delineati nell’articolo e declinandoli in alcuni punti; inizio col dire che il verificarsi degli incendi secondo me sono causati da alcune condizioni:
1) L’innesto degli incendi, che come tutti sappiamo sono causati soltanto per il 5% da cause naturali; per il restante 95% sono il frutto di azioni dell’uomo che nel 60% dei casi sono dolosi ed un 40% accidentali. Per combattere questo primo punto, occorre potenziare la vigilanza ned il presidio del territorio pubblico e privato con uomini e tutti i mezzi tecnologici che ci sono oggi a disposizione. Non voglio escludere i droni, anche se mi viene da ridere pensando a qualcuno che aveva immaginato l’utilizzo di questi strumenti come quello che avrebbe risolto il problema della caccia ai piromani o incendiari che dir si voglia (tra l’altro una interrogazione parlamentare di questi ultimi giorni all’ARS ha evidenziato alcune storture e dubbi sull’acquisto dei droni). Chiaramente e principalmente penso al controllo satellitare, all’incremento delle torrette di avvistamento incendi sparsi in tutti i territori boscati e non (negli ultimi anni quelle previste dalla L.R:16/96 ed affidate ai lavoratori forestali sono state ridotte di numero); penso all’utilizzo dei volontari della protezione civile e di ogni e qualsiasi associazione di volontari che intende impegnarsi a tal scopo (al riguardo mi sia consentito esternare molte perplessità sull’ultima modifica legislativa apportata alla L.R:16/96 approvata in questi giorni dall’ARS Sicilia che autorizza i volontari allo spegnimento degli incendi).
2) Il materiale di propagazione: Il cambiamento climatico e gli effetti prodotti sulla vegetazione rendendola altamente infiammabile ed esponendola a incendi più frequenti, assieme alla morfologia del nostro territorio, ci fanno affermare che in Sicilia più di altre regioni, ma non solo, deve essere rivisto l’intervento manutentivo delle aree boscate, con risorse finanziarie sufficienti e disponibili per tempo e non quando lo consentono i tempi della politica (con i loro ritardi nell’approvazione dei bilanci regionali); deve essere fatto un controllo sul territorio da tutti gli organi di Polizia Giudiziaria (Vigili urbani, carabinieri, polizia, corpo forestale, vigili del fuoco) applicando alcune leggi esistenti ( penso all’art. 31,33 e 34 della L.R.16/96).
Per dirla in parole povere tutti i livelli istituzionali locali (Regione, Provincie, comuni, l’ANAS) devono adoperarsi per manutentare i propri territori, i bordi stradali, le aree boscate e non di propria competenza ma anche e soprattutto i privati, i quali sono obbligati per legge a manutentare i propri fondi per evitare la propagazione degli incendi; per i territori dei privati, in prossimità di aree boscate, addirittura è previsto l’intervento sostitutivo da parte dell’amministrazione forestale con addebito delle eventuali spese.
3) L’intervento attivo nello spegnimento incendi: nel momento in cui parte un incendio è importantissimo che lo stesso venga tentato di spegnerlo entro i primi 15/30 minuti, mediante l’intervento tempestivo di squadre di operai a terra poiché dopo, diminuiscono le possibilità di riuscire a spegnerlo e l’unico sistema rimane l’utilizzo dei mezzi aerei (canadair o elicotteri) oppure, in alcuni casi, si potrebbe attuare la tecnica del contrafuoco, riconosciuta utile dal corpo forestale a livello nazionale ma non da quello regionale. Su questo tema l’articolo ha esposto, seppur in sintesi, le difficoltà del parco automezzi oggi a disposizione del corpo della forestale, basta dire che per fare una gara per l’acquisto di nuovi autobotti sono passati oltre 3 anni e che quelli attualmente usati sono in convenzione (non saprei se a titolo gratuito o no) con la protezione civile regionale. Riepilogando è necessario più mezzi a terra idonei, più mezzi aerei e più risorse finanziarie.
Per finire, ritengo che per contrastare questo fenomeno (che è giusto affermare che non è solo nostrano) una delle soluzioni è incominciare a pensare di stare tutti assieme seduti ad un tavolo per fare fronte comune rispetto ad una politica che, a mio parere, non ha una strategia su come contrastare questo fenomeno né tantomeno su quelle che dovrebbero essere le azioni per contrastare la lotta al cambiamento climatico, alla desertificazione ed al dissesto idrogeologico. Sull’argomento, basta dire che da oltre 10 anni non si pianta più un albero ne tantomeno si acquisisce un metro di nuovo terreno da rimboschire. Noi ci siamo
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