Soprattutto latifoglie. L’inventario dei nostri boschi e “serbatoi” di carbonio, fatto dai carabinieri col supporto scientifico del Crea, restituisce un Paese diventato più verde in 10 anni
di Marco Frojo 03 Maggio 2022
Più di un terzo (36,7%) del territorio italiano è ricoperto da foreste e questa percentuale è in costante crescita. La superficie forestale è pari a 11.054.458 ettari, con un balzo di quasi il 20% nell’ultimo decennio e il volume complessivo stimato per tutti gli alberi dei boschi italiani supera quota 1,5 miliardi di metri cubi, con un valore medio per ettaro pari a 165,4 metri cubi. Sono tutti molto incoraggianti i dati contenuti nel più recente “Inventario nazionale delle foreste e dei serbatoi forestali di carbonio”, realizzato dall’Arma dei Carabinieri con il supporto scientifico del Crea, il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi per l’economia agraria. E altrettanto positive sono ovviamente le ricadute in termini di tutela dell’ambiente: lo stock di carbonio nella biomassa epigea, che sta cioè sopra la superficie del suolo, e nel legno morto è passato dalle 490 milioni di tonnellate della precedente rilevazione del 2005 alle attuali 569 milioni di tonnellate di carbonio organico, equivalente a un valore della CO2 che passa da 1.798 milioni di tonnellate a 2.088 milioni di tonnellate, con un incremento di 290 milioni di tonnellate di CO2 stoccata e quindi sottratta all’atmosfera. Le rilevazioni per mappare le foreste italiane sono iniziate nel 2013 e sono terminate nel 2020 e i dati fanno ufficialmente riferimento al 2015. Si tratta infatti di un’indagine che fotografa con cadenza decennale lo stato dei boschi nel Belpaese.
Le foreste, come tutto il regno vegetale, rappresentano un ponte insostituibile tra il mondo inorganico e quello degli esseri viventi e una formidabile macchina biologica che cattura carbonio dall’atmosfera, lo immagazzina nelle sue fibre e lo tiene bloccato per tempi anche molto lunghi: un metro cubo di legno secco contiene circa 260 kg di carbonio, pari a circa la metà del suo peso.
La sempre maggiore estensione delle foreste italiane sta dunque dando il proprio piccolo contributo, tra l’altro a costo zero e senza l’impiego di chissà quale tecnologia, per abbassare la “febbre” del pianeta. Piccolo ovviamente su scala mondiale, ma enorme se parametrato al solo territorio italiano. “Si conferma la tendenza alla crescita dei boschi italiani che è in atto ormai da oltre 80 anni - spiega Giorgio Vacchiano, docente di Gestione e pianificazione forestale presso Università statale di Milano - Il dato più interessante è la crescita della massa vivente e del carbonio immagazzinato nelle foreste: non solo nuovi boschi si espandono nelle superfici lasciate libere dall’agricoltura, ma i boschi esistenti continuano a crescere, dimostrando un basso impatto dell’uomo sugli ecosistemi del nostro Paese e un alto stato di tutela, come indicano le percentuali di foreste interessate a oggi da vincolo idrogeologico (oltre 80%) e da forme di protezione della biodiversità (oltre il 30%)”.
Le regioni che maggiormente contribuiscono al volume complessivo dei boschi italiani sono la Toscana, il Piemonte e la Lombardia, rispettivamente con il 10,4%, il 9,8% e l’8,7% del totale. I valori minimi regionali sono invece stati registrati in Puglia, Valle d’Aosta e Molise, con contributi variabili tra l’1% e l’1,3% del totale. Oltre alla diversa composizione delle foreste che caratterizzano i vari ambienti sul territorio nazionale, a queste differenze contribuisce anche l’estensione territoriale delle foreste nelle diverse regioni. Il valore medio nazionale di volume per ettaro di bosco è generalmente superato nelle regioni del Nord (ad eccezione del Piemonte e della Liguria), mentre nelle altre regioni questo avviene solo per la Calabria. Esso è molto elevato in Alto Adige (343,2 metri cubi per ettaro) e in Trentino (302,1 metri cubi per ettaro). “La superficie del bosco in Italia è costituita in prevalenza da formazioni pure di latifoglie; i boschi puri di conifere e i boschi misti di conifere e latifoglie rappresentano singolarmente poco più del 10% della superficie boscata nazionale - si legge nell’Inventario dei Carabinieri e di Crea - Fanno eccezione le regioni prettamente alpine, in cui prevalgono i boschi di conifere. La prevalenza delle formazioni pure di latifoglie è ancora più marcata nelle altre terre boscate”.
Nel dettaglio ci sono quattro specie di alberi che concorrono a raggiungere la quota del 50% del volume dei boschi. Si tratta di tre specie di latifoglie e una di conifere: faggio (Fagus sylvatica L.), abete rosso (Picea abies K.), castagno (Castanea sativa Mill.) e cerro (Quercus cerris L.). La quota del 75% del volume complessivo è superata con l’aggiunta di altre sette specie: larice (Larix decidua L.), roverella (Quercus pubescens Willd.), carpino nero (Ostrya carpinifolia L.), leccio (Quercus ilex L.), abete bianco (Abies alba Mill.), pino nero (Pinus nigra Arn.), pino silvestre (Pinus sylvestris L.).
In Italia le superfici forestali sono in prevalenza di proprietà privata (63,5%), sia a livello nazionale sia nella maggior parte delle regioni. La prevalenza della proprietà privata è più accentuata per il bosco rispetto alle altre terre boscate, che includono boschi radi, boschi bassi, boscaglie e arbusteti. Riguardo al bosco fanno eccezione tre regioni (Trentino, Abruzzo e Sicilia) in cui prevale la proprietà pubblica, mentre in altre tre (Friuli-Venezia Giulia, Lazio e Campania) la prevalenza della proprietà privata è meno marcata. Il tipo di proprietà privata prevalente a livello nazionale è quella individuale, che interessa oltre i tre quarti del bosco, mentre i boschi pubblici sono in prevalenza di proprietà comunale o provinciale.
I tempi del piano di investimenti
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) prevede ben 330 milioni di euro da destinare alla “tutela e valorizzazione del verde urbano ed extraurbano”. Saranno messi a dimora 6,6 milioni di alberi su una superficie di 6.600 ettari, con l’obiettivo di migliorare la qualità della vita e il benessere dei cittadini: polmoni verdi nelle aree urbane che consentiranno quindi di avere alleati nella lotta contro l’inquinamento atmosferico, l’impatto dei cambiamenti climatici e la perdita di biodiversità. Verranno così rafforzate le attività di forestazione urbana finanziate dal ministero della Transizione ecologica per gli anni 2020-2021 che le città metropolitane stanno portando avanti.
“Il prossimo step è raggiungere il primo target operativo che prevede per il 31 dicembre 2022 la messa a dimora di 1.650.000 alberi, un obiettivo indubbiamente ambizioso che vedrà il massimo impegno del ministero con il supporto di Ispra, dell’Arma dei Carabinieri - Comando unità forestali ambientali e agroalimentari (Cufa), dell’Istituto nazionale di statistica (Istat) e del Centro interuniversitario di ricerca “Biodiversità, servizi ecosistemici e sostenibilità” (Cirbises)”, si legge in una nota del dicastero guidato da Roberto Cingolani.
Fonte: www.repubblica.it
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