I boschi ricoprono il 36% del territorio ma la loro crescita non è frutto di politiche di gestione. Mentre importiamo legna da ardere per un miliardo l’anno. I paradossi di un settore cui serve un progetto. Verso gli Stati generali
I boschi d’Italia hanno conquistato, negli ultimi trent’anni, oltre 3 milioni di ettari e oggi ricoprono il 36% della Penisola. Un dato confortante. Peccato che venga utilizzato appena il 30% della nuova massa legnosa, mentre in Europa si preleva dal 60 al 90%. Uno spreco se si pensa che ogni 28 secondi sulle Alpi cresce spontaneamente la quantità di legno necessaria per costruire una casa. E si stima che aumentando il prelievo potrebbero nascere 35mila nuovi posti di lavoro. Con la beffa che l’Italia è il primo paese importatore al mondo di legna da ardere, pellet e cippato, proveniente anche da tagli illegali, per un valore di un miliardo di euro all’anno. Risorse preziose sottratte alle economie locali di zone interne, prossime al definitivo spopolamento. «Il nostro paese, purtroppo, negli ultimi sessant’anni ha perso di vista lo sviluppo agricolo e forestale – commenta Maria Cristina d’Orlando, presidente di Pefc Italia, uno dei sistemi di certificazione per la gestione sostenibile delle foreste – Dobbiamo riprendere il filo con la storia del nostro territorio agricolo e forestale perché se la gente va via dalle montagne cresce anche il dissesto idrogeologico». La crescita delle foreste non è, infatti, il risultato di politiche o strategie per la conservazione della biodiversità ma dell’abbandono di prati d’alta quota usati per il pascolo, di terrazzamenti non più manutenuti e di terreni incolti da decenni. All’aumento della superficie e della densità forestale fa da contraltare la riduzione del sottobosco, una volta utilizzato per molte produzioni non legnose che sono andate perse. I nostri boschi, dunque, spesso non sono in grado di assicurare adeguata protezione del suolo, producono poco e non sempre offrono una reale garanzia di conservazione della biodiversità. «Nonostante tutto possiamo vantare numerosi esempi di gestione forestale di alta qualità – riprende Maria Cristina d’Orlando – che testimoniano come sia possibile rendere compatibili crescita economica da un lato e tutela dei valori sociali e ambientali dall’altro. Quello forestale è, infatti, uno dei settori che rappresenta in modo più lampante i vantaggi dello sviluppo sostenibile basato su risorse locali e rinnovabili e integrate con l’agricoltura estensiva, biologica e il turismo». Il settore forestale coinvolge lungo l’intera filiera circa 80.000 imprese, in cui sono impiegate 500.000 persone. Con il 15% delle imprese è il secondo settore dell’industria manifatturiera italiana e il volume d’affari complessivo è di oltre 30 miliardi di euro. La nostra industria del legno è la prima in Europa e gli arredamenti Made in Italy sono apprezzati in tutto il mondo, ma la materia prima viene da Francia, Slovenia, Austria, Croazia e Svizzera. Inoltre è negativo il saldo import-export per la filiera della trasformazione di pasta di cellulosa e produzione di carte e cartoni.
«Sono numeri che restituiscono uno scenario con luci e ombre – commenta Antonio Nicoletti, responsabile aree protette di Legambiente – È necessaria una proposta per le foreste e la filiera boschiva che valorizzi le risorse nazionali. Occorre però risolvere questioni strutturali e normative che frenano un settore capace di sostenere un’economia a basse emissioni di carbonio. Si tratta di risolvere problemi legati alle lacune nelle competenze e alla mancanza di normative, semplificare e rendere trasparenti le procedure, insediare una forte regia nazionale che porti avanti un vero e proprio “progetto per le foreste d’Italia”, con cui stimolare anche la partecipazione dei privati e il coinvolgimento delle comunità locali». L’occasione può essere quella degli Stati generali delle foreste, che il viceministro per le politiche agricole, forestali ed alimentari, Andrea Olivero, ha annunciato di voler organizzare entro la fine dell’anno. «Il Collegato agricoltura del governo assegna al Ministero la delega per riformare il settore della forestazione – ha spiegato Olivero – L’obiettivo è passare da una situazione di abbandono a una gestione sostenibile delle foreste. In Italia abbiamo un grande patrimonio spesso abbandonato che dobbiamo curare, per offrire opportunità lavorative e di sviluppo economico, e preservare, in quanto straordinaria ricchezza naturale». I boschi del nostro Paese sono un vero e proprio scrigno di biodiversità e ricoprono un ruolo centrale nell’assorbimento del carbonio, nella mitigazione e nell’adattamento ai cambiamenti climatici. Non a caso l’86,6% della superficie forestale nazionale è sottoposta a vincolo idrogeologico. Eppure solo il 15,7% (1,3 milioni di ettari) è sottoposto a una pianificazione di dettaglio. Davvero troppo poco per mantenere in equilibrio tutela della natura, capacità di offrire servizi ecosistemici e prodotti destinati a un’economia sostenibile.
04 Novembre 2016
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