Ripotenziare le zone forestali non risolve il problema dei cambiamenti climatici
Studio internazionale coordinato dalla Sapienza
Roma, 10 ott. - (AdnKronos) - Molte delle attuali politiche
ambientali si basano sull’assunto che l’aumento della superficie
boschiva possa mitigare il cambiamento climatico attraverso il sequestro
di carbonio, e al tempo stesso sostenere la biodiversità. Un recente
studio internazionale, coordinato dalla Sapienza, sembra però far
emergere un altro dato e cioè che le politiche di afforestazione della
Ue contribuiscano solo marginalmente a mitigare il cambiamento
climatico.
“Le pratiche europee sostengono l'espansione della superficie forestale come strumento per compensare le emissioni di CO2 derivanti dalla deforestazione e dall’uso di combustibili fossili” spiega Sabina Burrascano, biologa della Sapienza e primo autore dello studio. Tuttavia, "tale estensione avviene spesso a discapito di praterie semi-naturali gestite estensivamente, che a livello europeo, hanno una grande importanza per la conservazione della biodiversità”.
“Dalla nostra ricerca sembra emergere il paradosso che, attraverso le attuali politiche, l'Unione Europea possa finanziare da una parte il mantenimento di queste praterie in alcune aree e contemporaneamente la conversione in foreste di praterie simili in altre aree. Di fatto, però, insistere sulla afforestazione può comportare un sostanziale declino della biodiversità e dei servizi ecosistemici legati alle praterie semi-naturali e contribuire solo marginalmente agli impegni internazionali per mitigare il cambiamento climatico”.
Lo studio, coordinato dalla Sapienza in collaborazione con università e centri di ricerca di Berlino, Brno, Parigi e Amsterdam e pubblicato sulla rivista Biological Conservation, mostra come tra il 1990 e il 2015, nel territorio dell'Unione europea (EU-27) la superficie forestale è aumentata complessivamente per circa 12,9 milioni di ettari.
Di questi, circa 1,5 milioni di ettari sono riconducibili a normative e dei programmi promossi dalle politiche europee, mentre la restante parte dovuta all'abbandono delle pratiche pastorali e del conseguente ritorno spontaneo alla vegetazione boschiva.
“La forte ambivalenza nelle politiche europee e nei meccanismi di finanziamento per intervenire su questo tema, con la Direttiva Habitat, le misure di greening previste dalla Politica Agricola Comunitaria e i Fondi per lo sviluppo, impone la necessità di concentrarsi su tutta la gamma di servizi ecosistemici e di affrontare i problemi secondo un approccio interdisciplinare sia in campo scientifico che politico” conclude la Burrascano.
“Le pratiche europee sostengono l'espansione della superficie forestale come strumento per compensare le emissioni di CO2 derivanti dalla deforestazione e dall’uso di combustibili fossili” spiega Sabina Burrascano, biologa della Sapienza e primo autore dello studio. Tuttavia, "tale estensione avviene spesso a discapito di praterie semi-naturali gestite estensivamente, che a livello europeo, hanno una grande importanza per la conservazione della biodiversità”.
“Dalla nostra ricerca sembra emergere il paradosso che, attraverso le attuali politiche, l'Unione Europea possa finanziare da una parte il mantenimento di queste praterie in alcune aree e contemporaneamente la conversione in foreste di praterie simili in altre aree. Di fatto, però, insistere sulla afforestazione può comportare un sostanziale declino della biodiversità e dei servizi ecosistemici legati alle praterie semi-naturali e contribuire solo marginalmente agli impegni internazionali per mitigare il cambiamento climatico”.
Lo studio, coordinato dalla Sapienza in collaborazione con università e centri di ricerca di Berlino, Brno, Parigi e Amsterdam e pubblicato sulla rivista Biological Conservation, mostra come tra il 1990 e il 2015, nel territorio dell'Unione europea (EU-27) la superficie forestale è aumentata complessivamente per circa 12,9 milioni di ettari.
Di questi, circa 1,5 milioni di ettari sono riconducibili a normative e dei programmi promossi dalle politiche europee, mentre la restante parte dovuta all'abbandono delle pratiche pastorali e del conseguente ritorno spontaneo alla vegetazione boschiva.
“La forte ambivalenza nelle politiche europee e nei meccanismi di finanziamento per intervenire su questo tema, con la Direttiva Habitat, le misure di greening previste dalla Politica Agricola Comunitaria e i Fondi per lo sviluppo, impone la necessità di concentrarsi su tutta la gamma di servizi ecosistemici e di affrontare i problemi secondo un approccio interdisciplinare sia in campo scientifico che politico” conclude la Burrascano.
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