La forestazione protettiva: priorità assoluta della riforma forestale
VII contributo tematico
di Salvino Carramusa
“ Il 21 – 23 Febbraio del 1931, un evento
meteorologico caratterizzato da notevoli mareggiate nonché da precipitazioni
eccezionali, sia per durata (50 ore) che per altezze di pioggia raggiunte, investì la Sicilia settentrionale e provocò
notevoli danni anche nell’alto bacino del fiume Oreto, con frane e fenomeni di erosione accelerata, mentre
nella porzione terminale si ebbero allagamenti e danni alle infrastrutture …”
“ Il 22 febbraio, a villa Pioppo, l’altezza di piogge raggiunse 411,9 mm; mentre all’ Osservatorio
Astronomico di Palermo furono misurati 109,9 mm. La precipitazione totale in 46 ore alla stazione di villa Pioppo, nel periodo 21 – 23 febbraio, fu di
ben 520 mm, mentre alla stazione di
via Emerico Amari ( Palermo ) in 39 ore furono registrati ben 394,5 mm “. Vi
furono 11 morti. Le foto scattate in quei giorni mostrano le rare e pesanti automobili
dell’epoca galleggiare come barchette sul mare d’acqua che invase le vie di
Palermo. Sono testimonianza visiva ed incancellabile di quel che accadde.
“ Il 12 – 13 ottobre 1954 si
ebbe un ulteriore nubifragio che investì la Sicilia settentrionale, con
modalità similari a quelle del 1931, provocando numerose frane (sia di crollo
in parete che di scorrimenti rotazionali, evolventi a colamenti nelle aree
collinari) soprattutto nel comune di Altofonte
“ (La Valle dell’Oreto, pag.ne 40 – 41, Sicilia Foreste - 2010).
Questi avvenimenti sono rimasti impressi nella memoria dei
nostri genitori e dei nostri nonni. Ero molto piccolo quando ne sentii parlare
per la prima volta.
Anche nel secolo precedente (1800), la Sicilia
settentrionale era stata colpita in più periodi da violente precipitazioni ed
alluvioni. Tuttavia gli eventi del 1931 rappresentano probabilmente il picco
degli ultimi 2 secoli.
Per avere un idea di cosa possano significare o provocare
400/500 mm di pioggia, si pensi che nel 2009,
Giampilieri e Scaletta Zanclea – le cui immagini abbiamo ancora scolpite
nella mente – furono tempestate da 220
mm d’acqua in 6 ore.
Alluvioni, frane, smottamenti, erosioni, sono i fenomeni che
connotano il dissesto idrogeologico e che storicamente e specificatamente hanno
interessato e si manifestano in Sicilia. “ Ogni anno i nostri torrenti ed i nostri corsi d’acqua versano nel mare una
quantità di terra pari a circa 50.000.000 di m3”. Questa era, 50 anni fa, la misura “ dell’impoverimento della nostra
terra e del suo esodo verso il mare “, misura contenuta in un libro: “ Boschi di
Sicilia “, edito nel 1967. Libro che
sarà prezioso riferimento per l’evoluzione ed il completamento di questo
articolo.
Le cause sono di diversa origine. Quelle climatiche non si
esauriscono solo nelle eccezionali precipitazioni. Hanno a che fare con
l’ordinario clima mediterraneo, quasi sub – tropicale, caratterizzato da piogge
distribuite in 70 – 80 giorni: l’80% nell’autunno-inverno. “Sono piogge,
spesso, più dannose che utili perché intense, violente, frequentemente
accompagnate da raffiche di vento”.
Gli altri fattori che concorrono al dissesto idrogeologico
vanno ricercate nella orografia, nella natura dei suoli, nel grado di copertura
boschiva, nel tasso di utilizzazione dei campi, nei metodi di coltivazione e
d’uso, nella deficitaria presenza di reti idriche minori e nella mancata
manutenzione dei corsi d’acqua.
La Sicilia si estende per una superficie complessiva di
2.570.000 ha ettari): 764.000 ha di montagna, 1.436.000 ha di collina e 370.000 ha di
pianura.
I terreni argillosi ricoprono una superficie di 1.156. 000
ha (secondo altre fonti 1.500.000 ). Essi – per definizione - hanno una scarsa permeabilità, che limita la infiltrazione delle acque e ne
favorisce il ruscellamento, specie nelle aree montane e collinari con pendenze
elevate e medie.
In Calabria i terreni argillosi occupano una superficie di
652.000 ha, in Campania di 587.000, in
Puglia (che è una grande pianura) di 270.000,
in Lucania di 226.000.
Alla data del 1-1-1946 la superficie boscata siciliana (quasi esclusivamente privata) risultava essere estesa 85.148 ha, pari a circa il 3,5%
della superficie dell’isola. Il secondo conflitto mondiale aveva completato
un’opera di deforestazione avvenuta nei secoli: 7.336.000 piante legnose
distrutte e 2.404.964 danneggiate.
Si presume che all’epoca della prima colonizzazione greca (VIII secolo a.C.), le distese forestali della Sicilia avessero occupato il 50%
del territorio (secondo altre fonti addirittura l’80%), cioè 1.290.000 ha
circa. In 3000 anni, le utilizzazioni produttive legnose ed alimentari ordinarie ed
eccedenti i fabbisogni medi di sopravvivenza, il pascolo, l’agricoltura
estensiva, l’incremento demografico, le
colonizzazioni (quella romana: la più lunga e dannosa), le guerre , ne
avevano quasi azzerato il patrimonio silvestre.
Fu per tutte queste ragioni – contemplate in significativi
ambiti culturali, scientifici e politici
del tempo – che all’indomani della Autonomia regionale fu principiata una imponente opera di
forestazione pubblica ( ma qualcosa si era cominciato a fare già negli anni
30’, specie dopo l’alluvione del 1931 ) che – seppur con importanti
contraddizioni sin dalle origini – ha esteso quella ristretta superficie
portandola agli attuali 283.080 ha, dei quali, 178.000 ( o 193.000 ) pubblici
o gestiti dal pubblico ( nei periodi migliori si avviavano al rimboschimento
4/5000 ha l’anno ). 283.080
ha equivalgono a circa l’11% della
superficie complessiva. Il
coefficiente di boscosità è purtroppo molto inferiore (6/7%), soprattutto
in conseguenza degli incendi, delle malattie delle piante e delle fallanze negli attecchimenti.
Quello spirito del tempo è ben riassunto dalle parole di Don Luigi Sturzo: “… la ricostruzione forestale della Sicilia è
un dovere della Regione e sarà la
migliore opera che la Regione potrà fare a vantaggio dell’Isola, al punto che
se fosse questa sola la utilità della Autonomia, basterebbe a giustificarla “.
Quello spirito del tempo non era solo regionale ma anche nazionale. Le fonti di
finanziamento furono molteplici: Fondi della Cassa del Mezzogiorno; Fondi del
Ministero dell’Agricoltura; Fondi art. 38 Statuto Regione Sicilia; Fondi del
Bilancio ordinario della Regione Sicilia.
Sin da allora il
proposito era di raggiungere i 500. 000
ha di superficie rimboschita! Perché questa veniva considerata la necessità
e l’obiettivo minimo da raggiungere. Lo
è ancor di più oggi a fronte dei mutamenti climatici incalzanti. Ne è ulteriore testimonianza l’accademico
Piano Forestale Regionale del 2010, il quale riteneva necessario ed urgente
“ realizzare interventi forestali finalizzati alla mitigazione degli effetti
del dissesto idrogeologico e del rischio di desertificazione “. Le aree a rischio e quindi suscettibili di
intervento - secondo la parte analitica
del P.F.R. - ammontano a 652.462 ha (¼ della superficie
regionale). Tra esse 65.724 ha hanno un livello elevato di priorità
e 364.950 ha un livello medio.
Purtroppo non c’è più lo spirito di quei tempi. Sono
cambiati i modelli culturali, gli interessi, la politica, l’economia, i
dirigenti, le persone. Troppi ciarlatani
ambigui, incompetenti, narcisisti e furiosi.
Oggi prevale – ahimè
– il partito trasversale dei prestigiatori e della filiera del legno. Così
si completerà con le motoseghe
l’opera del fuoco e delle malattie. In una Sicilia che sempre più si avvicina
all’Africa si vorrebbero utilizzare massicciamente le residue risorse forestali
(pubbliche e private) per produrre energia elettrica in apposite megacentrali
“ a biomasse “ nonché per altri usi derivanti dalla lavorazione del legname. A parere di questi neo scienziati si potrebbe
ricavare un reddito molto elevato “ per l’autofinanziamento del comparto
“. Una follia!! Secondo valutazioni silvocolturali ed
economiche fatte da docenti e studiosi, l’utilizzo può essere solo molto
moderato, orientato dai piani di gestione forestale (che non ci sono!) ed il
ricavo di appena 5/7000.000 di euro l’anno.
Della deforestazione della Sicilia, “ dell’imponente opera
di ricostruzione “ e delle opportunità di ampliamento oggi, tornerò in un successivo articolo ( sempre che
“i riformatori” mi diano il tempo…).
Per una informazione efficace ed immediata che integra quanto sin qui
esposto, si rinvia all’opuscolo “ Boschi
ed Incendi Boschivi “, già pubblicato su questo Blog. Attraverso illustrazioni e didascalie spiega
brillantemente le funzioni vitali dei boschi. Spero che lo leggano anche
legislatori.
Purtroppo il testo di riordino è ben lontano dal fissare norme vincolanti
sotto l’aspetto programmatico e finanziario per raddoppiare (almeno) nei
prossimi 10 anni o 20 anni la superficie boscata pubblica e privata ( secondo
le analisi del PFR si dovrebbe andare ben oltre il raddoppio) ed implementare e migliorare il coefficiente complessivo di
boscosità. Questa dovrebbe essere la
priorità strategica assoluta (sotto
ogni aspetto e profilo: ambientale, paesaggistico, turistico). Invece i
forestali saranno dispersi in mille rivoli ed interventi e la loro condizione
lavorativa ed occupazionale rimarrà pressoché invariata (se tutto va bene …).
Palermo lì 22 Giugno 2016
Salvino Carramusa - l.t.i.
Note – Ringrazio Vincenzo Trifirò, lavoratore forestale 151 – ista per avermi messo a disposizione il libro “
Boschi di
Sicilia – 1967, ritrovato negli archivi di famiglia.
- Si
consiglia la lettura dell’opuscolo Boschi e Incendi Boschivi, già pubblicato su
questo Blog
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