LA CORTE DEI CONTI E LA NECESSITÀ DELLE RIFORME
Lelio Cusimano
Lo squilibrio strutturale tra le entrate e le spese della Regione Sicilia trova una definizione tranciante nel giudizio che ne da la Corte dei Conti: «Innegabile»!
Se poi volessimo spostare l'attenzione dalle voci strettamente contabili agli euro, ci troveremmo davanti un quadro ancora più sconfortante; alla data del 27 novembre scorso, quando la Regione aveva pagamenti da onorare per 321 milioni, la liquidità disponibile era di appena 117 milioni. Lo Stato ha assegnato alle Sezioni di controllo della Corte dei Conti compiti di analisi e vigilanza sui bilanci delle singole regioni, al fine di verificare l'osservanza del patto di stabilità, il rispetto dell'articolo 119 della Costituzione (che limita agli investimenti la sola possibilità di contrarre debiti) ed in particolare l'assenza di irregolarità, tali da pregiudicare gli equilibri econo- mico-finanziari. Nella situazione magmatica ed a volte convulsa dei conti regionali, la Corte dei Conti della Sicilia, su mandato dello Stato, aveva intravisto motivi di preoccupazione, poi ridimensionati dalle informazioni aggiuntive fornite dall'Amministrazione. Tuttavia le "ansie" contabili della Corte non risultano del tutto sopite, come del resto non potrebbe essere, persistendo per intero i dubbi sulle prospettive immediate e future dei conti della Regione Siciliana. È molto arduo accompagnare il lettore nei meandri della contabilità regionale, tali e tanti sono i richiami normativi, le leggi ed i commi interessati, i rinvii, i dubbi, le incertezze, le possibili interpretazioni, che gravano sugli stessi conti. Tuttavia, anche se non si tratta di argomenti capaci di "affascinare" il pubblico più vasto, merita comunque tentarne una difficile sintesi, nella convinzione che da questo groviglio discenda il futuro di cinque milioni e 94 mila siciliani. In un modo o nell'altro si arriverà alla chiusura contabile di fine anno e comincerà il periglioso cammino verso l'approvazione del bilancio 2016; la bocciatura inaspettata dei documenti propedeutici all'approvazione del bilancio vero e proprio (DPEF), avvenuta qualche giorno fa all'ARS, risulta oltremodo minacciosa per una marcia agevole e spedita. Non a caso il commento dell'assessore all'Economia Baccei sul rinvio suona all'incirca così: faremo in due mesi quello che si poteva fare in pochi giorni. Con l'aggravante, aggiugiamo poi, che ogni rinvio nell'assunzione di misure di contrasto agli sprechi ed alle spese improduttive, si connota come un ulteriore ritardo nella definizione dei (mai risolti) rapporti finanziari tra Roma e Palermo. Alla vigilia dell'esame parlamentare del bilancio 2016, due sembrano le questioni su cui me rita porre l'attenzione, volendo scansare l'ingarbugliato articolato del disegno di legge, e precisamente: da quali condizioni partiamo e quali riforme (leggasi rinunce) il Governo si dichiara disponibile a fare. La situazione dei conti regionali "muove" dal disavanzo, tra entrate ed uscite correnti, di 3 miliardi di euro; dal livello di indebitamento per oltre 8 miliardi, dovuto a spese effettuate a fronte di entrate mai concretizzatesi; dal blocco della spesa per 1 miliardo di euro imposto dai tetti statali (patto di stabilità); dall'azzeramento delle riserve, ivi compreso quelle del fondo pensioni per circa 2 miliardi; fino alle rivendicazioni nei confronti dello Stato che, pur dotate del crisma della fondatezza, scaturisco no però dall'ignavia ultradecennale della Regione e dei suoi Amministratori. Del resto, siamo ancora fermi alle norme attuative del 1965, mentre tutte le altre regioni speciali hanno già definito i rapporti finanziari con lo Stato; un colpevole ritardo che, come si è visto, non ha limitato, comunque, la spesa improduttiva. Per tappare la falla del disavanzo di 3 miliardi, il Governo conta su circa due miliardi di entrate da parte dello Stato (sui cui sarà utile tornare in altra occasione) e su tagli di spesa per un miliardo. Questo ambizioso traguardo certo non incoraggiato dalla prima bocciatura del DPEF - resta affidato ad alcune misure "incandescenti". Si vorrebbe infatti da parte del Governo (vedremo poi dell'ARS) ridurre il numero e le indennità di sindaci, assessori e consiglieri comunali; ridurre il bacino dei PIP mediante agevolazioni e quello dei forestali con il blocco del turn over; allineare il calcolo del TFR dei regionali alla normativa nazionale; allineare al resto del pubblico impiego il trattamento ed i distacchi del personale sindacale; ridurre il bacino del precariato con pensionamenti ed uscite volontarie; riordinare le società partecipate, abbattendone i costi; trasferire sul bilancio della sanità il costo del debito pregresso della stessa sanità ed, infine, riformare l'Amministrazione regionale per dare seguito alla riduzione degli uffici ed ai prepensionamenti già avviati per circa 4.500 regionali. Insomma quanto basta per fare presagire un inizio d'anno molto caldo; a prescindere dai fenomeni meteo. Il Governo conta su 2 miliardi di entrate dello Stato e su tagli alla spesa per uno Sarà un inizio di 2016 molto caldo, in ballo traguardi ambiziosi fra tagli e rinunce.
31 Dicembre 2015
Nota
I forestali respingono all'unanimità questa vergognosa e incostituzionale norma
VERGOGNA!
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