LA CRITICA DELLA CGIL
Cgil contro il Jobs Act: i controlli a distanza sono da «grande fratello» Il governo: «Non viola la privacy»
Il segretario della Cgil Susanna Camusso
con il ministro del Lavoro Giuliano Poletti (Ansa)
«Con la nuova norma si impedisce al lavoratore di essere libero», secondo Camusso. Ma il ministero spiega: «No a controlli non autorizzati dai dipendenti o dai sindacati». Poletti: «Nessun grande fratello»
Non si ferma la polemica sulla norma sul controllo a distanza decisa nel decreto attuativo del Jobs act: per la leader della Cgil, Susanna Camusso è «spionaggio contro i lavoratori», è «grande fratello». Le fa eco la leader della Cisl, Annamaria Furlan:
«Queste novità creano inquietudine. Va fatta chiarezza. La sfera
personale, individuale delle persone e la propria serenità sono un
aspetto molto delicato. Ci sono esigenze delle aziende, ma la
contrattazione sa ben distinguere». Il ministero del Lavoro, però, frena, e in una nota specifica che qualora il lavoratore non sia adeguatamente informato dell’esistenza e delle modalità d’uso delle apparecchiature di controllo a distanza e delle modalità di effettuazione dei controlli «i dati raccolti non sono utilizzabili a nessun fine, nemmeno disciplinare». La nuova norma, spiega il ministero guidato da Giuliano Poletti, non «liberalizza» i controlli, «ma si limita a fare chiarezza» ed è «in linea con le indicazioni del Garante della privacy». Non c’è nessun Grande Fratello» e «nessuna liberalizzazione», perché «le imprese che montano telecamere o impianti di controllo hanno l’obbligo di avere o l’autorizzazione sindacale o della direzione del lavoro come era prima» ha chiarito il ministro del Lavoro Giuliano Poletti rispondendo ai giornalisti. Ma i sindacati non ci stanno, e chiedono una convocazione per chiarire la norma.
L’espressione ambigua
L’equivoco,
secondo la nota del ministero, sorge dall’espressione «per rendere la
prestazione lavorativa»: non possono essere considerati «strumenti di
controllo a distanza» gli strumenti che vengono assegnati al lavoratore
«per rendere la prestazione lavorativa», come pc, tablet e cellulari.
L’espressione «per rendere la prestazione lavorativa» comporta che
l’accordo o l’autorizzazione non servono se, e nella misura in cui, lo
strumento viene considerato quale mezzo che «serve» al lavoratore per
adempiere la prestazione: ciò significa che, nel momento in cui tale
strumento viene modificato (ad esempio, con l’aggiunta di appositi
software di localizzazione o filtraggio) per controllare il lavoratore,
si fuoriesce dall’ambito della disposizione. Quindi, afferma il
Ministero, «non si autorizza nessun controllo a distanza», ma «si
chiariscono solo le modalità per l’utilizzo degli strumenti
tecnologici».
«Cgil, Cisl e Uil pronti a intervenire»
«Sono
molto preoccupata — aveva detto la Camusso — siamo di fronte a un’idea
della vita della persone sconvolgente che impedisce al lavoratore di
essere libero». Intervenuta a margine di un convegno sulla Pubblica
amministrazione, il segretario generale della Cgil ha spiegato che il
sindacato «non si aspettava una misura di questo tipo, è evidente - ha
detto - che ci sia un abuso rispetto alle norme sulla privacy delle
persone». Ed ha aggiunto: la Cgil «è pronta ad intervenire e valuterà
tutto quello che è possibile fare, inizieremo dalle commissioni,
sentiremo le authority, valuteremo ricorsi giudiziari, continueremo la
mobilitazione e soprattutto la contrattazione». Critico pure il
segretario della Uil, Carmelo Barbagallo, che considera la norma sui
controlli a distanza sul lavoro «l’ennesimo strumento di un
neoliberismo dalla faccia buona, ma non meno sfrenato di quello antico».
«La materia - spiega - era regolamentata dalla contrattazione: ora
lasciano i lavoratori completamente alla mercé dell’impresa. Valuteremo
insieme a Cgil e Cisl quali strade percorrere per far modificare questa
norma».
Che cosa prevede la norma
Il
riferimento di Camusso è alla norma inserita in uno degli ultimi
decreti legislativi predisposti dal governo, che interviene su un altro
dei cardini dello Statuto dei lavoratori del 1970 dopo articolo 18 e
mansioni. Ora le aziende potranno controllare computer, tablet e
cellulari, così come i badge dei lavoratori senza che sia necessario un
accordo sindacale o un’autorizzazione del ministero. Per il controllo
sugli «strumenti» di lavoro messi a disposizione dalle imprese e su
quelli per la «registrazione degli accessi e delle presenze» basterà
quindi informare i lavoratori e rispettarne comunque la privacy. La
novità arriva con uno degli ultimi quattro decreti legislativi - quello
sulla razionalizzazione e semplificazione di procedure e adempimenti a
carico di cittadini e imprese e altre disposizioni sul rapporto di
lavoro - che, dopo il primo via libera del Consiglio dei ministri di
giovedì scorso, è stato assegnato (insieme agli altri tre su cig,
Agenzia ispettiva e Agenzia politiche attive) alle commissioni
competenti di Camera e Senato (Lavoro e Bilancio) che entro il 16 luglio
dovranno esprimere il parere obbligatorio ma non vincolante. Per poi
tornare in Cdm per l’ok definitivo.
18 Giugno 2015
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