“La Sicilia non è la Grecia e lui non è la Troika. Baccei dimentica di essere un assessore del governo regionale siciliano, con il precipuo compito di garantire alla nostra Isola le risorse che, per Costituzione e Statuto, le sono dovute e che non sono una cortesia del governo nazionale nei nostri confronti. E proprio su quest’ultimo aspetto, mi pare che fino a oggi ci siano stati troppi silenzi da parte di Baccei, anche quando, con semplici colpi di penna, lo Stato, come per magia, ha sottratto unilateralmente ingenti risorse”.
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L’affondo è del presidente dell’Assemblea regionale siciliana, Giovanni Ardizzone al quale non sono andate giù le parole dell’assessore regionale all’economia Alessandro Baccei che uscendo dall’incontro romano di ieri sera ha annunciato che il governo nazionale darà alla Sicilia i 3 miliardi che servono ma non c’è la firma perché dalla capitale non si fidano dell’Assemblea e temono che non approvino le riforme promesse in cambio degli aiuti.
 ”Gli incontri – conferma Baccei - sono andati tecnicamente bene, salvo ulteriori approfondimenti. Però, c’è un grosso punto interrogativo, cioè che all’Ars la finanziaria venga cambiata, facendo saltare le riforme. Se a Palazzo dei Normanni si mettono a fare i ‘maestrini’, a cominciare dal presidente Ardizzone, si rischia di complicare tutto”.
“C’è la forte preoccupazione che le riforme promesse non arrivino – aggiunge -. I timore è che le norme che abbiamo approvato in giunta vengano modificate dopo avere ricevuto l’aiuto richiesto”.
Ma Ardizzone non ci sta al ricatto “Il forte squilibrio dei conti regionali – riprende – è in massima parte riconducibile a decisioni statali che hanno creato, nel tempo, condizioni di forte criticità nelle finanze della Regione. L’assessore Baccei dimentica che nel 2007 lo Stato, unilateralmente, ha innalzato al 49,11% la quota di compartecipazione della Regione al Fondo sanitario, sottraendoci 600 milioni di euro l’anno. Ci restituiscano queste somme perché ci spettano e non per cortesia”.
“E che dire del contributo di 1,2 miliardi per il 2015 richiesto alla Sicilia per il risanamento dei conti pubblici nazionali? Un importo iniquo se rapportato a quelle delle altre regioni a Statuto speciale. Stesso discorso per la continua erosione dell’Irpef relativa ai redditi prodotti in Sicilia. Nonostante l’articolo 36 dello Statuto siciliano attribuisca all’Isola la totalità delle entrate tributarie erariali riscosse nel territorio, lo Stato ha progressivamente incamerato parte crescente di questo gettito, trasferendo al di fuori della Regione gli uffici finanziari addetti alla riscossione”.
“Le ultime stime ci dicono che il ‘danno’ è di circa 3 miliardi di euro l’anno. Un esempio? Il trasferimento a Latina del centro di riscossione per i dipendenti pubblici: meno 250 milioni. E ancora, l’assorbimento del Banco di Sicilia e Sicilcassa da parte di Unicredit con trasferimento del centro a Milano: meno 150 milioni. Anche queste somme devono tornare nelle casse della Regione. Senza se e senza ma”.
“Baccei – conclude – ha il dovere di proporre un bilancio e una legge finanziaria che consentano il risanamento economico della Regione e soprattutto lo sviluppo della nostra Isola. Tutto il resto sono chiacchiere in libertà”.
Tenta, invece, di gettare acqua sul fuoco della polemica il Presidente della Regione. Crocetta affida ad una nota il suo insolito ruolo di paciere: “Nell’incontro avuto ieri con il presidente Ardizzone, mi è sembrato di cogliere una grande volontà di portare avanti il processo riforme – dice Crocetta - la stessa sensazione avuta dal confronto con diversi rappresentanti parlamentari. Io credo che governo e parlamento, su questo fronte di rinnovamento per la Sicilia, lavoreranno insieme. Il tema principale ora è far quadrare i conti e cambiare rotta attraverso riforme serie. Con il presidente Ardizzone c’è una linea di confronto aperta, che continuerà per il bene comune della Sicilia”.

25 Marzo 2015