Occupato l’assessorato all’Economia. In 4 mila marciano su Palazzo d’Orleans Motorizzazione e Collocamento in tilt
Il Presidente Rosario Crocetta
La fumata nera è arrivata nel cuore dell’assemblea, mentre trecento regionali dell’assessorato al Bilancio occupavano il quartier generale dell’assessore Alessandro Baccei, il supertecnico che vuole far calare la scure su pensioni, permessi e promozioni dell’esercito dei 17 mila dipendenti a libro paga della Regione. È andato a vuoto a Palazzo d’Orleans il vertice con i rappresentanti sindacali convocato dal governatore Rosario Crocetta per disinnescare la bomba a orologeria destinata a esplodere venerdì: lo sciopero generale proclamato da confederali e autonomi, sul piede di guerra contro le norme sul personale contenute nella Finanziaria.
Già oggi quattromila persone e quindici pullman da tutta la Sicilia sono pronti a paralizzare piazza Indipendenza per il sit-in che apre lo scontro frontale. A soffrire non saranno solo gli automobilisti che rischiano di rimanere imbottigliati nel traffico. Assemblee del personale sono state indette in tutti gli uffici territoriali da un capo all’altro dell’Isola. Il rischio per i turisti di trovare sbarrate le porte di musei e siti monumentali è altissimo: al Teatro antico di Taormina — solo per fare un esempio — la trasferta palermitana per partecipare alla manifestazione è quasi del cento per cento.
Con i dipendenti in stato di agitazione, gli uffici del Genio civile e i Centri per l’impiego potrebbero sospendere l’attività anche agli sportelli. Più difficile anche ottenere targhe, libretti e rinnovo della patente nelle sedi della Motorizzazione civile, che lavoreranno a scartamen- to ridotto. Servizi a metà si annunciano anche nelle Camere di commercio, all’Ente acquedotti siciliani e nel settore delle dighe. Ma la paralisi vera — secondo i sindacati — sarà venerdì: «L’adesione — annunciano — è stimata a oltre il 70 per cento».
Per la prima volta tutte le sigle (Fp-Cgil, Cisl-Fp, Uil-Fpl, Cobas-Codir, Sadirs, Siad, Ugl e Dirsi) marceranno compatte su Palazzo d’Orleans. «Crocetta — dice Enzo Abbinanti, della Fp-Cgil — è riuscito nel miracolo di ricompattarci tutti sotto un unico fronte comune».
L’apertura prospettata ieri mattina dal governatore si è infranta contro il muro dell’assessore Baccei. Che ha detto no alla precondizione pretesa dai sindacati per riaprire la trattativa: lo stralcio di tutte le norme sul personale previste nella Finanziaria.
Sotto il fuoco dei sindacati c’è soprattutto la riforma delle pensioni, che costano alla Regione 634 milioni di euro l’anno. Palazzo d’Orleans ha proposto di introdurre il meno vantaggioso meccanismo contributivo non solo a partire del 2004, anno in cui in Sicilia è entrata in vigore la legge Dini, ma dal 1996, come per gli statali. Uno smacco per i regionali, specie per quelli assunti prima del 1986 che finora hanno goduto del regime misto contributivo e retributivo. «Non si tratta di salvaguardare privilegi — insorge Michele D’Amico del Codir — ma di tutelare un diritto maturato per legge. Non si può decapitare lo Stato di diritto».
Barricate anche contro i tagli alle indennità per il personale tecnico del Corpo forestale, i permessi sindacali e quelli per esigenze familiari (per gli statali il tetto massimo è tre giorni l’anno, per i regionali 45 giorni), la mobilità e i prepensionamenti. «Crocetta — attacca Luigi Caracausi della Cisl-Fp — dice che con i prepensionamenti si risparmierebbero 40 milioni in tre anni: spiccioli rispetto agli sprechi veri. Diteci quanto serve e vi diremo noi dove tagliare». «Basterebbe mettere le mani sui costi altissimi degli uffici di gabinetto, sugli affitti scandalosi delle sedi regionali o su enti inutili come Sicilia e-Servizi o Arsea», ribatte
Luca Crimi della Uil-Fpl.
No ai «tagli lineari» anche da Dario Matranga dei Cobas, che guida il battaglione più nutrito di regionali: «Avevamo chiesto di trattare la materia pensionistica e contrattuale in un testo organico da concertare anche con l’Aran, l’ente che vigila sui contratti dei dipendenti pubblici. E invece si insiste con questo frullato di proposte confuse». La guerra, minacciano i sindacati, è solo all’inizio.
16 Marzo 2015
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