L'ANALISI
Mega-mutuo, debito record e conti in rosso
Gli economisti: “La Sicilia è un disastro”
di Accursio Sabella
Dopo l'accensione del prestito da 1,8 miliardi e in vista di una Finanziaria difficilissima, gli esperti si dividono sul rischio 'default' della Regione. Ma su una cosa, tutti sono d'accordo: senza interventi radicali, salta tutto.
PALERMO - Qualcuno ne è ormai convinto: la Regione è già in default. È fallita. Lo direbbero i numeri. E alcuni “difetti” strutturali, congeniti. Superabili solo a patto di pagare lo scotto di un dramma sociale di dimensioni enormi. Per qualcun altro, invece, il commissariamento è solo una fantasia. Ma gli esperti sono concordi su un punto: i conti della Sicilia sono un disastro. E l'ultimo mega-mutuo da 1,8 miliardi appare come una terapia d'urto nei confronti di un paziente talmente debole da rischiare di non resistere agli effetti della medicina. L'impegno preso dalla Regione, infatti, finirà per appesantire di rate e interessi il bilancio per i prossimi trent'anni. Un bilancio che soffre di un problema “strutturale” (cioè ormai radicato nel tempo, immutabile alle condizioni in cui ci si trova oggi): le entrate sono sempre inferiori alle uscite. E le spese sono quasi intermanete improduttive: stipendi, insomma. Poco più.
Vincenzo Fazio, noto economista è stato preside della Facoltà di Economia dell'Università di Palermo. “Certamente – spiega – l'ultimo mutuo solleva diversi dubbi. Ritengo che, prima di accenderlo, bisognerebbe ridiscutere le rate degli altri mutui e comprendere se le rate dell'ultimo sono compatibili con un bilancio che ancora non c'è. Tra l'altro – aggiunge l'economista – i mutui dovrebbero essere destinati alle spese per gli investimenti”. Ma non solo. A destare dubbi è anche la portata del prestito. “La Cassa depositi e prestiti – spiega Fazio – può accordare mutui fino a un'entità pari a una precisa percentuale delle entrate complessive della Regione. Anche questo aspetto non mi sembra sia stato del tutto chiarito”. Ma al di là del mutuo, è la situazione generale del bilancio a preoccupare: “Che io ricordi – dice infatti l'economista – questa è la prima volta nella storia della Regione che il bilancio venga predisposto, per molti dei capitoli, coprendo solo quattro mesi. Non è una cosa illegittima, ma è il segno evidente di una enorme criticità. Del resto già fotografata dalla Corte dei conti nell'ultimo giudizio di parifica. Dalla questione delle entrate a quella dei residui attivi, i magistrati contabili hanno usato parole molto chiare, mentre in passato avevano utilizzato concetti più 'soft'”. Elementi non sufficienti per parlare di default. Ma solo perché “un vero e proprio fallimento, per una Regione come la Sicilia è impossibile. Semmai, non è così lontana l'idea di un commissariamento. Che si tradurrebbe in una sorta di 'amministrazione controllata' dallo Stato. Ancora più probabile – aggiunge Fazio - è quello che potrebbe essere definito un 'commissariamento camuffato'”. Che sarebbe già in atto, secondo l'economista: “Lo Stato centrale, anche per ragioni politiche – spiega – potrebbe evitare di dichiarare pubblicamente il commissariamento. Ma se nel frattempo impone alla Regione scelte stringenti e operative, è chiaro che ci troviamo in un commissariamento 'di fatto'. Direi che oggi queste condizioni ci sono tutte”.
Più ottimista è invece Adam Asmundo, responsabile delle analisi economiche della Fondazione Res l'stituto di Ricerche economiche e sociali siciliano e anche lui docente di economia all'Università di Palermo. “Quel mutuo avrà certamente alcuni aspetti positivi. Consentirà ad esempio alla Regione di onorare alcuni impegni: le imprese attendono da anni quei soldi e il pagamento dei debiti può 'oliare' il sistema produttivo. E il fatto che lo Stato abbia detto sì al mutuo vuol dire anche che la Regione ha ancora una credibilità sul mercato”. Ma ovviamente, ecco le preoccupazioni: “Gli interessi sul prestito aggraveranno i prossimi bilanci. I nostri figli e anche i nostri nipoti saranno costretti a pagare quelle rate e quelle tasse”. Il problema, però, anche secondo Asmundo va al di là del “caso-mutuo”: “La Regione così non ce la fa, non ce la può fare. C'è uno squilibrio strutturale tra le risorse che entrano e quelle che escono. Bisognerà necessariamente intervenire sui meccanismi di spesa”. Intanto, si interviene su un nuovo mutuo, che porterà l'indebitamento della Regione a circa 8 miliardi: “Non è poco, - insiste Asmundo – considerato che il bilancio complessivo è di circa 35 miliardi. E anche la scelta di approvare un bilancio che per molti capitoli è finanziato solo per quattro mesi è preoccupante. Anche le dichiarazioni dell'assessore Baccei (ha detto che lui quel bilancio non l'avrebbe certificato, ndr) mi hanno sorpreso: non avevo mai sentito parole simili”. Ma Asmundo allontana l'ipotesi-default: “La Sicilia non è uno Stato sovrano. Siamo una Regione sana in un Paese sano”.
“Altroché. Noi rispetto all'Italia siamo esattamente come la Grecia nei confronti dell'Europa”. Per Massimo Costa, economista dell'Università di Palermo, invece “il default è già in atto. La Sicilia è fallita”. E l'ultimo mutuo sarebbe l'ennesimo segnale di una difficoltà evidente: “E' come se una famiglia – spiega – invece di fare la spesa col proprio stipendio, facesse ricorso costantemente ai prestiti. Quel mutuo è, tra l'altro, incostituzionale, perché la Costituzione prevede che questi interventi siano utilizzabili solo per investimenti. Ma è chiaro, ad avanzare il ricorso dovrebbe essere lo Stato centrale, che invece questo mutuo lo sta imponendo. Una scelta che non risolverà la gravissima condizione in cui ci troviamo”. Una condizione che, secondo Costa, autonomista convinto e per un periodo “ideologo” dell'Mpa di Raffaele Lombardo, è dovuta a due fattori. Entrambi puramente politici. “Lo Statuto prevede che la Sicilia amministri autonomamente alcune funzioni che altrove sono gestite dallo Stato, a patto che le entrate restino nell'Isola. I siciliani, insomma, dovrebbero vivere con le risorse raccolte nel proprio tettirorio. E invece, lo Stato ha trasferito le funzioni ma non le risorse. E così, il sistema è destinato a crollare”. Anche perché c'è il secondo fattore, cioè “una classe politica siciliana debole e assente. Che si è venduta a Roma. Ma adesso – ammonisce Costa - siamo a un vicolo cieco. Il prossimo bilancio si può chiudere solo a un patto: tagliando servizi essenziali come gli interventi per i disabili o i punti nascita e buttando sul marciapiede migliaia di precari come, tra gli altri, i Forestali o gli addetti della Formazione professionale. Un disastro sociale di dimensioni mai viste”. Senza questi interenti drammatici, secondo Costa “non si potrà chiudere il bilancio. E a quel punto non ci sarebbe scelta: il commissariamento temporaneo dovuto alla 'impossibilità di funzionamento' della macchina regionale. Un passaggio doloroso, che obbligherebbe però la Sicilia presto a nuove elezioni. Una cosa è certa – conclude Costa – oggi nemmeno Superman potrebbe salvare la Regione. Anzi, la Sicilia rischia di trascinare il resto dell'Italia nel proprio fallimento”.
22 Gennaio 2015
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