In Sicilia non sfruttiamo
il binomio cultura-turismo
Sottostima. Ma la realtà resta deludente perché non siamo capaci di sfruttare la cultura
Turisti davanti al cancello chiuso
di un sito archeologico. Foto lasicilia.it
Tony Zermo
Secondo una statistica, che come tutte le statistiche va presa con le molle, la cultura in Sicilia vale 2,4 miliardi di euro a fronte di ricavi per 74 miliardi in Italia. Dice Antonello Montante, presidente di Unioncamere Sicilia, che «turismo e cultura potrebbero da sole trainare l'economia regionale e invece siamo dietro le altre regioni. C'è da impallidire di fronte alla performance della Lombardia dove lo scorso anno il binomio turismo-cultura ha prodotto 18 miliardi». E per approfondire la questione ha organizzato un seminario per lunedì 30 alla Camera di commercio di Palermo.
Personalmente ritengo che i nostri beni archeologici siano poco valorizzati perché se debbo andare a vedere la Venere di Morgantina sono costretto a fare un percorso di guerra attraverso strade semifranate. Se voglio vedere il fanciullo di Mozia perdo una giornata lungo le autostrade perché non c'è nessun treno veloce che mi porti da quelle parti. Insomma, ci manca la rete stradale e ferroviaria, il sistema di comunicazione, senza parlare del territorio sporco e del seccume delle piante, responsabilità gravissima di netturbini, forestali, politici inadeguati e di noi stessi. Però siccome ci sono esempi come Torino che da città da coprifuoco è diventata bella e pulita, allora c'è ancora speranza per chi ha ancora la forza di crederci.
A questo punto ho fatto ricorso a un amico che non solo è stato assessore regionale ai Beni Culturali (ora c'è una signora messinese di nome Pina Furnari, che non abbiamo il piacere di conoscere), non solo è dirigente del Credito sportivo e ha finanziato i campi da golf di Carlentini e Taormina-Trappitello. ma è anche un manager serio. Parliamo di Sebastiano Missineo che abbiamo rintracciato a New York in vacanza con il figlio per visitare i musei della Grande Mela.
«Tutti i numeri ci dicono che noi valiamo il 10% del resto dell'Italia, sarebbe a dire almeno 7 miliardi, per cui credo che ci sia una sottostima, ma è anche molto vero il fatto che in Sicilia non si riesca a valorizzare i siti turistico-culturali».
Perché?
«Perché manca quella managerialità nella gestione dei beni culturali che è determinante affinché il turista stia un giorno in più, spenda di più, visiti di più. Con la mia gestione avevamo affidato ai privati i servizi aggiuntivi nei più famosi siti culturali e il governo Crocetta invece li ha congelati per una piccola sfumatura delle norme sugli appalti».
Li ha congelati forse perché c'erano state anche ruberie nella gestione dei privati.
«Stiamo parlando dei presunti imbrogli della Nuova Musa, ma questo non è sufficiente per bloccare ogni iniziativa. Chi ha rubato si mette fuori e si affidano i servizi a gente onesta, questo non deve diventare un muro di gomma che impedisce ogni innovazione del settore. Crocetta ha detto che si possono usare i precari, ma questo non risponde alla necessità di gestioni manageriali. Il precario che non ha una professionalità può mai valorizzare i beni culturali? Lo possono fare i privati, lo possono fare chi gestisce milioni e milioni di visitatori».
Tuttavia niente può spiegare un tale immiserimento del settore in Sicilia.
«Lo spiego io. Prendiamo Siracusa: 500 mila visitatori al teatro greco, a malapena paga la metà per via degli studenti e altro. Chi ci va paga il biglietto, quando paga, ma non spende più una lira. Io sono qui al museo di storia naturale, ho pagato 22 dollari il biglietto e ne spendo almeno altrettanti per la bibita, il souvenir, il libro eccetera. Sono musei gestiti in modo professionale: nel momento in cui entra una persona ti lascia 50 dollari. Da noi lascia 10 euro, se ne va e non passa nemmeno dal museo Paolo Orsi che è di strada. Su 500 mila del teatro antico solo 50 mila vanno al Paolo Orsi, un decimo. Non siamo nemmeno capaci di fare un biglietto unico, ciascuno per i fatti suoi. Il primo problema è la gestione manageriale, professionale dei beni culturali per arrivare forse nell'arco di dieci anni alla privatizzazione della gestione. Il secondo problema è quello di attrarre il turista con i beni culturali, ma poi cercare di farlo spendere di più. Tra lo spendere 10 euro e lo spenderne 50, la differenza va tutta nelle tasche dei siciliani».
Ma c'è anche un problema di custodi.
«Sì, perché ormai sono saliti di categoria e stanno dietro un tavolino. Lì Crocetta doveva fare il vero intervento rivoluzionario, scardinando un sistema di turni, delle notti, degli straordinari. Certo è difficile, ma in America usano i pensionati per fare la custodia nei musei. Bastano dei buoni pasto e loro sono contenti di essere attivi e partecipi».
27 Giugno 2014
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