L'intervista. L'assessore regionale all'Agricoltura interviene dopo il fallimento del progetto barriera arborea
«La coltura mediterranea a Targia»
«Il ruolo virtuoso dell'agricoltura nella cattura dell'anidride carbonica è riconosciuto scientificamente»
Targia, barriera arborea e sterpaglie
soffocano alberelli di ulivo appena posti a dimora
Foto lasicilia.it
Il progetto della barriera arborea di Targia è stato un fallimento. Ed ecco spuntare un'altra ipotesi anti-inquinamento: «Si potrebbe lavorare sulla coltura mediterranea a Targia», parola l'assessore regionale dell'Agricoltura, dello sviluppo rurale e della pesca mediterranea, Dario Cartabellotta.
Davvero assessore?
«Non conoscevo la situazione della barriera arborea, ma è stato riconosciuto anche scientificamente il ruolo virtuoso dell'agricoltura nella cattura dell'anidride carbonica. Quindi, perché no, possiamo lavorarci su».
Lei ha detto più volte che la Sicilia si rilancia con i fondi europei. Conferma?
«I fondi per l'agricoltura e per lo sviluppo rurale ci hanno consentito negli ultimi tre anni di raggiungere numerosi risultati. Abbiamo tra i migliori sistemi di agricoltura biologica (200 mila ettari e 7 mila aziende), abbiamo ammodernato e innovato le aziende e abbiamo portato avanti progetti anche singolari».
«A Siracusa, ad esempio, stiamo seguendo un miglioramento logistico nell'ortofrutta, nell'agriturismo e nel turismo rurale. E poi anche sulle infrastrutture abbiamo grandi progetti, come per la banda larga in tante aree rurali, non ultime nelle parti più interne di Noto».
Sui due miliardi finanziati, 1,4 sono già stati utilizzati e 600 milioni dovranno essere spesi entro il 2015, già impegnati a completare la programmazione. Poi?
«Arriveranno 2,2 miliardi di euro dalla programmazione 2014/2020, rafforzeremo le aziende, il biologico e l'economia della Co2, partendo dal presupposto che le nostre piante assorbono meglio di quelle forestali. Ecco perché si può pensare al progetto su Targia».
Le nuove frontiere dell'agricoltura richiedono nuove competenze che hanno fatto il successo delle economie agricole investendo su marketing e comunicazione, qual è il ruolo della Sicilia?
«La Sicilia gestirà per l'Expo 2015 il sistema bio-mediterraneo che mette assieme tutte le sponde del Mediterraneo. Un'occasione per rilanciare il brand della Sicilia e del Mediterraneo».
Eppure sembra che l'Europa faccia di tutto per mettere i bastoni tra le ruote ai nostri prodotti, come avviene nel settore della pesca e con l'accordo stipulato nel 2012 con il Marocco sulla liberalizzazione del commercio dei prodotti agricoli provenienti dal paese maghrebino.
«L'Europa non considera queste vicinanze transnazionali. Nella pesca, ad esempio, i nostri dirimpettai fanno quello che vogliono ma noi dobbiamo rispettare regole stringenti. Nell'agricoltura invece l'Unione europea non può imporre alla Tunisia il costo del lavoro, quindi il ragionamento sui contratti territoriali va posto quando il contratto collettivo nazionale risulta troppo alto, mentre il cuneo fiscale deve diminuire».
E allora come possiamo risollevare l'economia siciliana?
«Bisogna consumare prodotti siciliani. Non è vero che il prodotto di importazione è più economico del nostro. Quindi quello che regaliamo ad altri comprando estero dovremmo piuttosto spenderlo nella nostra filiera per portare beneficio all'economia siciliana».
E da parte sua, assessore, come intende muoversi?
«Dobbiamo fare pressioni su tutta l'area mediterranea, con cui bisogna fare squadra comune. Vogliamo essere pronti alla globalizzazione con costi minori ma garantendo nel contempo la qualità. Al mondo piacciono i prodotti nostrani e quindi puntiamo a recuperare un miliardo di euro incentivando il consumo siciliano piuttosto che estero e altri 500 milioni grazie al maggiore sfruttamento dell'export».
Luca Signorelli
10 Febbraio 2014
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