31 Luglio 2017
L’Italia
naviga a gonfie vele verso una nuova rivoluzione della politica e del
modo di farla e pensarla. Dopo decenni durante i quali la politica è
sempre stata uguale a se stessa, nell’arco di meno di trent’anni andiamo
verso la seconda o terza rivoluzione.
Chi di politica si occupa a tempo pieno
ricorda bene la prima di queste rivoluzioni sul fronte della
comunicazione. Fu ‘il contratto con gli italiani’ di Silvio Berlusconi.
un approccio concreto e diverso fatto da un uomo che veniva
dall’imprenditoria di successo, che si era battuto per le televisioni
‘private’ e che aveva costruito un impero e che, grazie a questo modo
diretto di comunicare concretezza, vinse la sua sfida e si pose alla
guida del Paese senza essere passato dalle ‘Forche Caudine’ di un
partito ma facendone uno suo.
Quel
contratto con gli italiani fu una idea di Luigi Crespi. Ideatore e
curatore di quella geniale stagione di comunicazione politica, Crespi è
stato, poi, spin doctor e sondaggista. Oggi si occupa di formazione con
la sua ‘Fabbrica dei leader’ che sarà in tour in Sicilia a settembre.
Chi meglio di lui per gettare un occhi
sui cambiamenti in corso, sulle trasformazioni che spaventano tanti ma
vengono accolte con favore da altre, e soprattutto un occhi sulla
disaffezione alla politica e alle urne, a cento giorni o poco meno dalle
elezioni regionali che in Sicilia sono certamente un momento di svolta
dopo cinque anni di governo ‘alla giornata’.
Crespi, Lei ha lavorato spesso con i
Siciliani e mai con un Presidente della Regione. Pensa anche Lei che la
Sicilia sia il laboratorio politico italiano? Qui si sperimentano gli
scenari futuri nazionali?
“Finché i candidati si comportano in
modo differente dai vincitori, sarà difficile vedermi lavorare per un
qualsiasi Presidente. La Sicilia è più di un laboratorio nazionale è
essa stessa una una nazione. Spesso la Sicilia ha segnato il futuro del
nostro paese, ha rappresentato il punto di rottura segnato i cambi
epocali. Lo ha fatto nella storia e lo farà anche in questa occasione.
La prossima tornata elettorale segnerà la fine di un’epoca e
condizionerà in modo inimmaginabile le prossime politiche. È per questo
che inizio il mio tour proprio in Sicilia”.
I sondaggi danno avanti il
centrodestra unito che però non si unisce. Non pensa Che tutta questa
attesa dei Partiti tradizionali tiri la volata ai 5 stelle?
“Virginia Raggi sta trascinando nel
baratro i Cinquestelle, ad ogni dichiarazione, ad ogni presa di
posizione un pezzo di credibilità del Movimento viene meno. In qualche
modo, alla Lunga, questo avrà una ricaduta anche in Sicilia.
Anche in Sicilia I grillini sono tenuti in gioco dall’inettitudine di
avversari ridicoli, soprattutto dal Pd di Matteo Renzi che li ha eretti a
principale nemico caricandoli così della simpatia speculare che non
riesce da sola a compensare la delusione di un “cambiamento solo
promesso”. Il punto è che alla prova dei fatti i Cinquestelle si
mostrano incapaci di risolvere problemi di cui nessuno li crede
responsabili. È poco ma per ora basta. Il resto lo fa Matteo Renzi ed
intenzioni. Lui è ormai riconosciuto universalmente come un comunicatore
compulsivo che più parla più fa danni”.
Ma a destra non sembra andare meglio nonostante i sondaggi?
“Sul fronte del Centrodestra che avrebbe
numeri per affermarsi al prossimo turno elettorale, pesa non tanto la
questione della leadership ma complessivamente la credibilità della
classe dirigente e una distanza di valori e di programmi. La scelta
degli elettori In queste condizioni è legata ad un’idea o ad un partito e
non certo alla capacità di coinvolgimento dei leader, si tratta di una
residuale appartenenza che sempre di più si caratterizza non per fiducia
ma verso “il meno peggio”. La conclusione di questo percorso sarà
sempre di più il rifiuto delle urne”.
Insomma, leader vecchi e poco
credibili e nessuno ascolta ed interpreta i desideri ed i bisogni
dell’elettorato. È la dittatura delle minoranze?
“È un fenomeno internazionale quello che
viviamo anche in Italia. L’ossessione propagandistica, l’occupazione
ossessiva e compulsiva dei media, l’incapacità di comprendere e misurare
gli effetti profondi e a largo raggio di ciò che si comunica non
riguarda solo l’Italia. Donald Trump ad esempio sembra gestire la sua
comunicazione sotto l’effetto di sostanze psicotrope, sembra di
assistere ad uno di quei talent show ad eliminazione diretta, un delirio
quotidiano egocetrato e autodistruttivo. Un vero pasticcione. Più
raffinato sembra Macron anche se nella sostanza non sembra essere messo
meglio. Fortunato e furbo, è entrato nel panico alla prima flessione nei
sondaggi seguendo le orme di chi lo aveva eletto a modello: Matteo
Renzi”.
Sembra però che si faccia sempre più
comunicazione politica e meno politica in senso stretto. Come se ne
esce? I leader si fabbricano in laboratorio?
“Siamo bombardati da migliaia di
messaggi, siamo media di noi stessi, protagonisti di uno spettacolo
senza regia, la generazione follower che vive di like, l’opinione
pubblica, gli elettori diventano attivi e protagonisti nel momento in
cui abbandonanano la partecipazione democratica. Contraddizioni e
complessità che non raggiungono la profondità necessaria per essere
compresi e mentre il neuromarketing diventa un fantasma che anima le
nostre menti, siamo convinti di esercitare il libero arbitrio, mentre
muri invisibili alimentati da paure e rabbia vengono innalzati nelle
nostre menti. La conoscenza è l’unica via che può renderci liberi, la
conoscenza è l’antidoto alla rassegnazione capace di costruire
consapevolmente un’alternativa”.
Quindi si risolve tutto con la comunicazione?
“La comunicazione non è pubblicità o
propaganda e nemmeno informazione. La comunicazione è l’essenza
specifica della nostra umanità, ci qualifica e ci distingue. La
comunicazione è la connessione con i nostri sogni, con le nostre
speranze, è una via potente. Non lasciamola ai rettili!”.
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