30 novembre 2018

RIFORMA PENSIONI BOCCIATA DALL’UNIONE EUROPEA: COSA NE SARÀ DI QUOTA 100?


Dal sito www.money.it

Simone Micocci - 30 Novembre 2018
Quota 100 non piace all’Unione Europea: Juncker chiede di cambiare la riforma delle pensioni per evitare la procedura d’infrazione. Meno dubbi sul reddito di cittadinanza.

La riforma delle pensioni è uno dei motivi principali per cui la Legge di Bilancio è stata bocciata dall’Unione Europea; sembra infatti che il presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker lo abbia confidato a Giuseppe Conte nella cena che ha avuto luogo a Bruxelles la scorsa settimana, durante la quale si è cercato di trovare un punto di incontro per la manovra finanziaria.

Come anticipato da La Stampa, i dubbi dell’Europa non riguardano tanto il reddito di cittadinanza, quanto Quota 100. Anche se il reddito è più oneroso rispetto alla riforma delle pensioni - si parla di 9 miliardi di euro contro i 6,7 miliardi di Quota 100 - è comunque una misura modulabile in varie soluzioni che tra l’altro risponde ad un problema, quello del contrasto alla povertà, sentito da tutta l’Unione Europea.

Ci sono invece diversi motivi per cui l’Europa ha bocciato la riforma delle pensioni: in primis la controriforma previdenziale rappresenta un’insidia strutturale alla sostenibilità del debito italiano, mentre in secundis si teme che questa possa creare un precedente in Europa.

Ecco perché dall’Europa hanno chiesto all’Italia di fare un passo indietro per la riforma delle pensioni: un messaggio recepito da Di Maio e da Salvini che in questi giorni stanno pensando alla migliore soluzione per limitare i costi della riforma ma senza incidere troppo sull’impianto complessivo.

Per questo motivo si parla della possibilità di inserire dei paletti per Quota 100 e di ritardarne l’avvio di qualche mese; un’ipotesi che però Salvini continua a smentire ribadendo che questa misura partirà al massimo entro febbraio 2019.

I rischi di Quota 100
Come anticipato dall’Europa temono sia le conseguenze finanziarie che politiche della riforma previdenziale italiana.

Il primo aspetto riguarda i costi di Quota 100, troppo onerosa da sostenere vista la poca disponibilità finanziaria del nostro Paese. Un indebolimento ulteriore potrebbe avere conseguenze negative non solo per la nostra economia, ma di tutta l’Unione.

A tal proposito ricordiamo quando successe nel 2011, quando il Governo Berlusconi cadde perché sul fronte pensioni, per il quale era stata pensata una riforma che secondo le stime avrebbe colpito il 65% dei lavoratori del Nord Italia, ricevette il voto contrario della Lega di Bossi e Maroni. Il Governo cadde e venne sostituito dall’Esecutivo Monti, e sappiamo tutti com’è andata.

Il secondo rischio è di tipo politico: come confessato da Juncker a Conte, infatti, dall’Europa temono che lo “strappo” dell’Italia possa contagiare altri Paesi - dove il problema dell’invecchiamento della popolazione è persino più grave del nostro - avviando processi politici similari.

Quota 100 addio? No, ma ci potrebbero essere penalizzazioni
Per il Movimento 5 Stelle e - soprattutto - la Lega, rinunciare alla riforma delle pensioni e a Quota 100 è impensabile, visto che è proprio su queste promesse che le due forze politiche hanno costruito il loro successo elettorale.

Sembra comunque che in questi giorni il Ministro dell’Economia Giovanni Tria stia valutando la migliore soluzione per introdurre nuove strade per il pensionamento anticipato abbassando però i costi della riforma. Quota 100 senza penalizzazioni, infatti, potrebbe non essere sostenibile nel medio lungo periodo, ecco perché si sta riflettendo sulla possibilità di introdurre delle piccole riduzioni per l’assegno previdenziale.

Nel dettaglio, si pensa di non riconoscere per tutto il periodo di uscita anticipata - ossia fino ad un massimo di 5 anni - la rivalutazione dell’assegno previdenziale nella parte calcolata con il metodo retributivo. Cosa significa questo? Che per ogni anno di uscita anticipata scatterebbe una penalizzazione di circa il 3% sull’assegno previdenziale, fino ad un massimo però del 12%.

Un’altra soluzione, che contrasta con quanto emerso nei giorni scorsi, per abbassare i costi della riforma è di rinunciare all’introduzione del divieto di cumulo tra reddito da lavoro e pensione. Questa è una misura pensata dal Governo per favorire il ricambio generazionale nel mondo del lavoro, impedendo a chi andrà in pensione con Quota 100 di riprendere a lavorare nei primi 5 anni di pensionamento.

Tuttavia, secondo i tecnici del MEF questa misura rischierebbe di provocare l’effetto opposto dal momento che l’evidenza empirica non dimostra alcun effetto sostituzione con i più giovani. Anzi, ci sarebbe il rischio concreto che in questo modo si vadano a creare nuove sacche di lavoro nero, con tutte le conseguenze negative del caso.

Fonte: www.money.it







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