26 giugno 2018

CONTRATTI A TERMINE, NON UNA RIVOLUZIONE MA UN MAKE UP


Dal sito www.italiaoggi.it

di Daniele Cirioli - 26 Giugno 2018
Una proroga in meno, dalle attuali cinque a quattro comunque nel rispetto della durata massima di 36 mesi, e più tempo per ricorrere al giudice

Contratti a termine al restyling. Una proroga in meno, dalle attuali cinque a quattro comunque nel rispetto della durata massima di 36 mesi, e più tempo per ricorrere al giudice. Sono queste le due principali novità di riforma previste dalla bozza di decreto dignità in materia di lavoro a termine. Previste ancora novità per le agenzie di lavoro e per il contratto di somministrazione, nonché l’introduzione del divieto di delocalizzazione alle imprese che fruiscono di incentivi e agevolazioni pubblici.

Solo cinque proroghe.
Secondo l’attuale disciplina, il contratto a termine è un contratto di lavoro subordinato con la particolarità di avere una scadenza prestabilita. Dopo la riforma Jobs act non è più previsto l’obbligo di specificare una causale (cioè la ragione) che giustifichi la fissazione del termine e il datore di lavoro può stipulare massimo un numero complessivo di contratti a termine pari al 20% del numero di lavoratori a tempo indeterminato presenti in azienda al 1° gennaio dell’anno di assunzione (la contrattazione collettiva può tuttavia fissare limiti quantitativi diversi). La durata del contratto non può superare 36 mesi ed è prorogabile, con consenso del lavoratore e nei limiti dei 36 mesi, fino a un massimo di cinque volte. Qui dovrebbero intervenire le novità: fermo restando la durata massima di 36 mesi, verrebbe ridotto da cinque a quattro il numero delle proroghe ammesse. Per cui dalla quinta proroga (oggi dalla sesta) il contratto di lavoro è trasformato a tempo indeterminato (ovviamente serve un giudice che lo dichiari).

Più tempo per i ricorsi.
La seconda novità riguarderebbe l’allungamento dei termini a disposizione dei lavoratori per impugnare il contratto a termine. Secondo l’attuale disciplina, l’impugnazione deve avvenire entro 120 giorni dalla cessazione del contratto da impugnare, con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore, anche attraverso il sindacato. L’impugnazione è inefficace se non è seguita, entro il successivo termine di 180 giorni, dal deposito del ricorso presso la cancelleria del tribunale o dalla comunicazione alla controparte di richiesta di conciliazione o arbitrato.

Collocamento.
Tra le altre novità in arrivo ci sarebbero modifiche alla disciplina delle agenzie per il lavoro e, in particolare, al contratto di somministrazione di lavoro, al quale sarebbe estesa per intero la disciplina del contratto a termine.

Incentivi a chi resta in Italia. 
Infine, ultima novità dovrebbe essere l’introduzione di maggiori vincoli (cioè un divieto) alla delocalizzazione da parte delle imprese che abbiano ricevuto incentivi pubblici.
© Riproduzione riservata

Fonte: www.italiaoggi.it





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