05 maggio 2017

LO STIPENDIO È UN VITALIZIO IL LAVORO SI PAGA A PARTE

di Carlo Alberto Tregua

Basta parlare, bisogna fare

Ricordate il cartello posto sulla scrivania di un funzionario della Regione siciliana: “Lo stipendio è un vitalizio, il lavoro si paga a parte”? Sembrava una provocazione, ma in effetti rifletteva una mentalità. Sono passati anni da allora, ma la mentalità non è cambiata.
I dipendenti regionali che sono privilegiati, come dimostreremo in una inchiesta di prossima uscita, rispetto ai dipendenti di altre Regioni e agli statali, hanno ottenuto un aumento medio dei loro emolumenti di circa 100 euro al mese, anziché stare fermi in attesa che i suddetti raggiungessero i loro livelli stipendiali.
La vergognosa norma inserita nella Finanziaria ritardataria - perché approvata quattro mesi dopo la data canonica del 31/12/2016 - ha previsto la riassunzione di circa 200 Pip condannati, ma anche contributi distribuiti a destra e a manca che alimentano ulteriori privilegi.
Sono state modeste le risorse destinate a sostegno degli investimenti, poche cifre per le infrastrutture, per la riparazione idrogeologica del territorio, per la manutenzione ordinaria e straordinaria di strade provinciali, scarso il cofinanziamento dei fondi europei e a sostegno dei Fondi di sviluppo e coesione di provenienza statale. 

Ma se lo stipendio è un vitalizio, cosa sono dirigenti e dipendenti regionali? Dei poveretti che non hanno l’obbligo etico di dare qualcosa in più di quanto ricevono, anzi di non dare nulla. Che figuraccia facciamo anche sotto questo profilo con le Regioni del Nord.
E' vero che lo Stato destina alla Sicilia briciole per gli investimenti, ma anche le somme a disposizione della Regione (anche quest’anno il bilancio è di circa 16 miliardi) sono tutte destinate a foraggiare la spesa corrente e pochissime allo sviluppo e all’occupazione.
Una politica suicida che conferma la nullità del presidente della Regione e l’egoismo dei consiglieri-deputati regionali, ormai pronti alla competizione elettorale del 5 novembre e quindi con il loro egoismo spinto ai massimi livelli.
La regola di dirigenti e dipendenti regionali è: “Chi non fa non sbaglia”. Ma la regola etica dovrebbe essere invece: “Chi non fa va punito”. Chi dovrebbe applicare queste regole? I responsabili delle istituzioni regionali, che sono però irresponsabili.
Qualcuno sostiene un’altra regola: “Meglio fare il politico che andare a lavorare”, parafrasando l’altro modo di dire: “Meglio fare il giornalista che andare a lavorare”.
Da quando fare il politico è diventato un mestiere, i mestieranti si sono moltiplicati. Ne è prova la candidatura di migliaia di persone, quasi tutti disoccupati, ai Consigli comunali. Ma anche ora si preparano le candidature di centinaia di politicanti senza mestiere alle prossime regionali.
Si dirà che anche i candidati del Movimento 5 stelle (la novità di questi ultimi anni) sono in gran parte senza mestiere, ma almeno sono neofiti, senza le incrostazioni di gente che da decenni vive di parole costando alla Regione oltre 20 mila euro al mese.
Per non parlare di tutti i dipendenti e dirigenti dell’Assemblea regionale che continua a elargire emolumenti, liquidazioni e pensioni da favola, non vergognandosi del milione di poveri che non riesce neanche a mangiare.
Non ce ne vorrà il bravo  presidente Ardizzone se continuiamo a sottolineare che l’Ars costa 144 mln contro 80 milioni del Consiglio lombardo.

L’elemento caratterizzante della burocrazia regionale, ma anche di tante burocrazie comunali, è la lentezza. Una lentezza esasperante nell’evadere le richieste di cittadini e imprese, una lentezza esasperante nella esecuzione delle procedure e nell’emissione dei provvedimenti necessari a fare muovere l’economia.
Le organizzazioni imprenditoriali non si sono sentite su questo punto, se non con blande richieste non supportate da una attività mediatica giornaliera, martellante, che avrebbe messo in evidenza la pochezza e l’insufficienza della burocrazia regionale.
Gli stessi sindacati dei lavoratori, le quattro organizzazioni maggiori, non hanno preso posizione contro quella parte dei loro associati, cioè i pubblici dipendenti. Fra essi, la maggioranza è formata da persone perbene e capaci, ma la minoranza significativa, formata da incapaci e corrotti, lede l’immagine di tutta la categoria.
Fino a quando organizzazioni imprenditoriali e sindacati gireranno la testa dall’altra parte, la Sicilia continuerà a precipitare. Chi fermerà la caduta?
05 Maggio 2017 

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Fonte: www.qds.it





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