12 aprile 2017

AMBIENTE, SICILIA INSOSTENIBILE. SOLO NEL 2016 GLI INCENDI SONO COSTATI 120 MILIONI €


di Rosario Battiato
Dall’aria inquinata al suolo consumato, dall’acqua contaminata ai danni per gli incendi: i numeri di una débâcle. Tra sanzioni e costi per le emergenze il conto per l’Isola sfiora i 300 mln l’anno

PALERMO – Aria, acqua, terra e fuoco. I quattro elementi naturali incombono sulla Sicilia, facendo emergere un bilancio tutt'altro che positivo. La mancata tutela della qualità dell'aria, l'inquinamento delle falde acquifere e gli scarichi lungo le coste senza impianti di depurazione, il consumo di suolo e l'effetto degli incendi sulla superficie boscata isolana rilasciano un bilancio devastante che, tra possibili sanzioni, costi emergenziali e di ripristino, sfiora i 300 milioni di euro all'anno.
Non si tratta soltanto dei conti economici, ma anche degli effetti nel medio e lungo periodo sulla salute dei siciliani, la cattiva qualità dell'aria incide direttamente su alcune specifiche patologie, e sulla sicurezza del territorio dal momento che la copertura di suolo impoverisce la tenuta nei confronti delle infiltrazioni dell'acque e di fatto potenzia gli effetti del rischio idraulico.
Ci sono anche dei timidi passi in avanti: il piano regionale di qualità dell'aria, l'accelerazione tentata per la spesa nel settore della depurazione a distanza di cinque anni dalle delibera Cipe che aveva stanziato circa 1 miliardo nel 2012, la contrazione del numero degli incendi, gli investimenti per contenere il dissesto.
Tuttavia il bilancio complessivo pende ancora in maniera evidente dalla parte delle criticità che mantengono un peso specifico non indifferente come testimoniato dalle numerose procedure di infrazione, corredate anche da alcune sentenze della Corte di giustizia Ue, e dai numeri certificati da Ispra, Arpa e Istat.
 
1. Aria. Sicilia coinvolta in due procedure di infrazione mentre lo smog accorcia la vita dei cittadini
L'ultimo bilancio dell'Arpa sulla qualità dell'aria isolana, pubblicato alla fine dello scorso anno, ha messo evidenziato i risultati del monitoraggio effettuato tra il 2012 e il 2015. In generale si può parlare di miglioramenti, ottenuti tramite le campagne campagne condotte dall'Agenzia nel 2015, anche se restano valori critici per biossido di azoto, ozono e pm10 che hanno fatto registrare i più cospicui superamenti dei limiti di legge. A spingere per un'aria più pulita sono stati anche i fondi europei spesi del Po Fesr 2007 – 2013, presentati alla fine di marzo, che hanno visto 36 progetti realizzati nel settore. Alla fine di febbraio, inoltre, la giunta regionale ha deliberato l'apprezzamento del “Piano regionale di tutela della qualità dell'aria” di attuazione della direttiva 2008/50/CE, un documento necessario, eppure giunto in estremo ritardo, dal momento che lo stesso assessore Croce, in una nota allegata alla delibera di apprezzamento, aveva precisato “la perdurante inerzia del dipartimento regionale dell'Ambiente” e che per questo motivo con la nota prot. n. 780/Gab. Del 12/2/2015 aveva “provveduto alla nomina di commissario ad acta”. È stata poi l'Arpa a condurre in porto la redazione lo scorso 8 febbraio, a distanza di nove anni dalla direttiva comunitaria. Ma l'assenza di un piano è stata determinante, oltre che sul fronte della gestione della qualità dell'aria, anche per attirare gli strali dell'Ue che, infatti, ha punito la Sicilia per ben due volte, coinvolgendola nelle procedure 2014/2017 – cattiva applicazione della direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità dell'aria ambente – Superamento dei valori limite di Pm10 in Italia e 2015/2043 – applicazione della direttiva 2008/50/CE sulla qualità dell'aria ambiente e in particolare obbligo di rispettare i livelli di biossido di azoto (NO2). Intanto di mal d'aria si continua a morire. Sebbene nelle Isole sia più contenuto l'impatto dell'aria nella vita media dei cittadini, un rapporto coordinato e pubblicato dall'Enea sull'inquinamento atmosferico in Italia ha registrato che mediamente un isolano vede ridotta di 5,7 mesi la propria vita a causa delle patologie legate alla cattiva qualità dell'aria (10 mesi in Italia).
 
2. Acqua. Tra disservizi nelle abitazioni, depurazione assente e chilometri di spiaggia “chiusi” per inquinamento
Il settore è ampio e variegato, ma nel complesso la performance siciliana è da bocciare. Sul fronte domestico il 9,4% delle famiglie italiane lamenta un’erogazione irregolare dell’acqua nelle abitazioni, mentre il 29,3% ha lamentato disservizi in generale contro il 14,7% della media nazionale (dati Istat). Allargando il raggio d'azione, scopriamo che nel 2017 ci sono stati inoltre 48 km di costa chiusi per inquinamento e quindi non balneabili.
A questi ultimi andrebbe aggiunti tutti gli altri vietati per la presenza di infrastrutture portuali o per gli scarichi dei reflui a mare. Proprio sulla depurazione, uno dei grandi mali dell'Isola, ci sono due condanne da parte della Corte di Giustizia europea (la C565-10 per 80 agglomerati, 51 in Sicilia, e la C85-13 per 34, 5 in Sicilia) e l’avvio di una nuova procedura di infrazione (Procedura 2014-2059) che riguarda 817 agglomerati.  Per i 51 agglomerati isolani della prima sentenza si rischiano sanzioni fino a 117 milioni di euro.
Nel corso dell'ultimo anno, inoltre, l'Arpa ha pubblicato i dati aggiornati relativi al monitoraggio delle acque in vista degli obiettivi sanciti dalla direttiva Ue che ha richiesto per il 2015 uno stato di qualità “buono” per i corpi idrici.
Negativa la pagella dell'Agenzia: mediamente 4 corpi idrici sotterranei dell'Isola su 10 hanno avuto uno stato chimico “scarso”. A livello di acque superficiali gli invasi monitorati – si legge nella relazione dell'Agenzia regionale – “non hanno raggiunto il buono stato entro il 2015”. In particolare, considerando quest'ultimo aspetto, dei 32 corpi idrici isolani monitorati ce ne sono ben 10 definiti a “rischio”, 14 “probabilmente a rischio”, 6 “non a rischio”, e 2 senza classificazione alcuna.

3. Terra. Alterato quasi il 60% del territorio regionale 691 cave dismesse potenziali bombe ambientali
Il suolo è limitato, ma si continua a costruire e scavare. L'ultimo report dell’Ispra sul consumo di suolo registra l'alterazione (diretta o indiretta) del 59,8% della superficie totale. Il dato finale isolano è lievemente inferiore alla media nazionale (6,9 contro 7,6%), ma la tendenza non è positiva: l’incremento di suolo consumato nel periodo 2012-2015 è più alto nell’Isola (0,9 contro 0,7%). Numeri record nelle province di Caltanissetta (1,3%), Ragusa, Siracusa e Trapani (tutte a 1,2%), mentre la classifica in valore assoluto vede un podio con Palermo (63 kmq), Vittoria (52 kmq) e Catania (27,6 kmq). Statistiche che hanno un peso economico non indifferente. Costruire costa, perché la copertura del suolo incide anche nelle spese per ripristinarne i benefici per produzione legnosa, produzione agricola, infiltrazione dell’acqua, habitat, impollinazione, erosione, stoccaggio di carbonio. L’Ispra ha stimato che i costi annuali aggiuntivi che si dovranno affrontare dallo scorso anno, proprio per mantenere questi servizi ecosistemici compromessi dal cemento tra il 2012 e il 2015, possono arrivare fino a un massimo di 50 milioni di euro.
Inoltre nell'Isola si continua a scavare: l'ultimo rapporto Legambiente ha registrato la presenza di 420 siti attivi in Sicilia (prima d'Italia) e di altre 691 cave dismesse e/o abbandonate (settima d'Italia). Queste ultime rappresentano delle potenziali bombe ambientali per l'assenza di risanamento e anche per l'utilizzo illegale che ne potrebbe derivare come deposito di rifiuti. Non mancano, inoltre, le attività estrattive illecite che si addensano, in particolare, nella provincia di Trapani, dove “la concentrazione delle attività mafiose – si legge nel lavoro dell'associazione del cigno – viene evidenziata dai numerosi sequestri di cave aperte abusivamente”.

4. Fuoco. Nell’Isola bruciato un terzo della superficie nazionale. Solo nel 2016 gli incendi sono costati 120 milioni €
Gli incendi costano e incidono non soltanto sulla superficie boscata bruciata, ma anche nelle azioni di emergenza necessarie per evitare che il fuoco si propaghi. Nel 2016 gli incendi, stando a una stima realizzata dal QdS e basata sui dati del dicembre scorso del Corpo forestale dello Stato, hanno avuto un peso economico pari a 120 milioni di euro.
Conteggiarne il costo economico non è semplice, perché esistono diversi studi in materia, ma in linea di massima esistono due elementi di riferimento: costi di ripristino (5mila euro a ettaro) e costi diretti legati allo spegnimento (mille euro a ettaro).
Queste due azioni combinate valgono appunto circa 120 milioni di euro all'anno, senza conteggiare i costi della macchina antincendio della Regione che annualmente vale circa 70 milioni di euro tra stipendi, manutenzione dei mezzi e altre strutture strategiche.
Peso economico che deriva dai numeri degli incendi nell'Isola. Lo scorso anno la Sicilia è stata al secondo posto nazionale per numero di eventi (841), cioè il 17% del totale nazionale (4.793).
Al secondo posto anche per il dato relativo alla superficie boscata percorsa dal fuoco (5.252,4 ettari) che si somma al dato isolano relativo alla superficie non boscata percorsa dal fuoco, che vale quasi 11mila ettari. Questi due numeri valgono assieme 16mila ettari siciliani (tra superficie boscata e non) rimasti coinvolti dal fuoco, cioè un terzo del totale nazionale (47.926 ettari).
12 Aprile 2017
 
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Fonte: www.qds.it







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