Una regione regno di privilegi, di arretratezza e ultimo baluardo di quello che è stato definito socialismo municipale: in Sicilia un cittadino ogni 25 (compresi vecchi e bambini) prende soldi a vario titolo dalla regione. Che è solo un aspetto di un apparato pubblico elefantiaco. Il dato, reso noto dal procuratore generale d'appello della Corte dei conti siciliana Giovanni Coppola, è solo parziale ma comunque interessante: alla regione lavorano 20.288 persone (costato nel 2011 poco più di un miliardo di euro) di cui 17.218 a tempo indeterminato e 3.070 a tempo determinato mentre il totale complessivo del personale addetto alla sanità al 31 dicembre del 2011 è di 50.034 unità. In totale, considerando solo questi due dati, si arriva a 70mila persone cui si possono benissimo aggiungere i 19mila precari degli enti locali in cerca di stabilizzazione, i lavoratori forestali, i dipendenti della formazione professionale, quelli delle società per azioni (che però sono a totale controllo dei comuni), i dipendenti diretti di comuni e province (i cui trasferimenti sono iscritti nel bilancio regionale) si arriva a poco più di 190mila persone che a vario titolo percepiscono risorse che transitano dal bilancio regionale.

In pratica se si considera il totale dei cittadini, ogni 25 abitanti ce n'è almeno uno che a vario titolo prende soldi dalla Regione e se invece si considera solo la fascia dei cittadini in età di lavoro (che in Sicilia francamente si può benissimo mediamente fissare tra i 18 e i 60 anni) ogni 15 persone mediamente ce n'è una che prende fondi dalla Regione. E non vengono considerati in questo calcolo, fatto prendendo solo spunto dalla relazione di Coppola, i 16.098 pensionati della Regione siciliana di cui 998 andati in pensione grazie alla legge 104/1992 ovvero, dice il procuratore generale della sezione siciliana della Corte dei conti, «gli ultimi cosiddetti baby pensionati che potevano ottenere la pensione con 25 anni di servizio ove accudissero un parente gravemente disabile».

Altro dato su cui ha posto l'attenzione Coppola è quello che riguarda il sistema delle società partecipate dalla regione: «Al 31 dicembre dell'anno scorso – dice – erano 34 ma attraverso un sistema simile alle scatole cinesi alcune di queste società detengono partecipazioni in altre società per l'esattezza 20: di conseguenza la partecipazione azionaria della regione concerne di fatto ben 54 società. Delle predette 34 società direttamente partecipate ben 21 hanno chiuso in perdita l'ultimo bilancio d'esercizio comunicato. È stata prevista la riduzione a 14 delle società partecipate ma tale riduzione e, quindi, la dismissione delle altre società non risulta ancora attuata». Tutto ciò mentre si registra inefficienza e paralisi in interi settori. Come quello delle opere pubbliche: dei 1.254 appalti aggiudicati nel 2005 solo 605 risultano collaudati al 31 dicembre 2011 mentre se si fa riferimento ai 1.047 appalti aggiudicati nel 2006 solo 448 risultavano collaudati al 31 dicembre dell'anno scorso.

Intanto la prospettiva è quella di una recessione sempre più forte, come si evince dal rapporto congiunturale della Fondazione Res presentato a Catania: «La crisi alimenta le diseguaglianze tra i percettori di reddito e tra le attività economiche, fenomeno che rallenta le prospettive di ripresa nel breve termine – spiega Adam Asmundo, responsabile del modello dell'economia siciliana all'interno dell Fondazione – e i primi possibili sintomi di ripresa non si avranno prima del 2014». Secondo il rapporto, in Sicilia la flessione del Pil attesa per il 2012 è del 2,6%, quella della domanda delle famiglie del 3,2 %, mentre gli investimenti in macchinari e attrezzature potrebbero diminuire del 5,3 per cento.

29 Giugno 2012